A cura di Anna Meli e Giulia Dessì
Al notiziario BBC delle 20, davanti a Westminster, commenta le ultime notizie il corrispondente politico Gary O’Donoghue, non vedente. Cambiando canale, una sitcom mostra una famiglia di origine indiana nella sua vita quotidiana. Su un’altra rete, una giovane ragazza inglese spiega come ha affrontato il coming-out della madre.
Nella TV e nella stampa britanniche, questa eterogeneità sociale e culturale è frutto di una costante attenzione verso la diversità di etnia, religione, orientamento sessuale, disabilità, o ceto. Per assicurarsi che contenuti e personale riflettano la varietà della società, i media britannici hanno, all’interno dei loro organismi, dei “dipartimenti di diversità.”
L’Associazione Carta di Roma sta svolgendo un’indagine sul funzionamento di questi dipartimenti nei paesi europei, con l’obiettivo di tracciare una strada che possa essere percorsa dai media italiani. La prima tappa è stata proprio Londra, dove abbiamo scoperto che la diversità non è vista solo come un dovere verso il pubblico, ma soprattutto come un’imperdibile opportunità per incrementare la creatività e potenziare, con idee e competenze, il futuro delle emittenti.
Con programmi come la chiamata islamica alla preghiera durante il ramadan e documentari su persone transgender, Channel 4 è la pioniera della diversità nel Regno Unito. L’emittente fu fondata nel 1982 per offrire un servizio alternativo alla BBC, con l’obiettivo preciso di rispecchiare, sullo schermo e dietro le quinte, la diversificata composizione della popolazione britannica.
“Si tratta di riflettere quello che circonda i tuoi spettatori – questa è un’opportunità che Channel 4 non si lascia sfuggire,” spiega Ralph Lee, Head of Factual del canale televisivo.
Alcuni programmi portano il tema della diversità in primo piano, come la trasmissione sulle discriminazioni contro persone affette da disturbi psichici, ma altri fanno emergere la diversità in modo naturale, quando si affrontano altri argomenti. Per esempio, in un documentario su una scuola dello Yorkshire, nord Inghilterra, una giovane studentessa è inquadrata mentre recita il corano, ma il punto non è la sua religione, quanto la sua preoccupazione per gli esami.
Non solo i protagonisti, ma anche i produttori televisivi devono essere di provenienza sociale diversa. “Vogliamo avere le loro idee su qualunque soggetto, per far sentire voci e punti di vista sempre differenti,” commenta Lara Akeju, Media Project Manager del dipartimento Creative Diversity.
Avendo tra i suoi doveri di servizio pubblico l’equa rappresentazione delle diversità del paese, anche la BBC è dotata di un Diversity Centre, all’interno del dipartimento delle risorse umane. La sua sfera di competenza però non si ferma all’organico, ma comprende anche la produzione radiotelevisiva perché la diversità è vista anche come una questione di strategia di mercato, di business.
“La diversità è ciò che ispira la creatività. Tenerla a mente durante la produzione ti assicura storie sempre nuove e appassionanti, insieme a voci innovative,” spiega Amanda Rice, Head of Diversity della BBC. “E questo vale anche per le notizie: solo così puoi avere una molteplicità di opinioni ed essere più imparziale.”
Per non perdere traccia di progressi e insuccessi, il Diversity Centre svolge regolarmente ricerche di mercato e analisi di contenuto. Oltre ad accertarsi che gli spettatori si sentano sufficientemente rappresentati, ogni due anni, tramite un’accurata analisi dei programmi, l’emittente verifica inoltre se i criteri di diversità siano rispettati, da un doppio punto di vista quantitativo e qualitativo. Con i dati alla mano, il Diversity Centre aiuta i produttori radiotelevisivi a espandere lo spettro di opinioni pubbliche e, di conseguenza, a parlare all’intera nazione.
Anche il Guardian cerca, lavorando su contenuti e personale, di essere più inclusivo nei confronti delle minoranze. A differenza di Channel 4 e BBC, però, il quotidiano liberale ha attivato alcuni programmi di lavoro, stage, e workshop che si sono rivelati molto utili.
Partendo dal presupposto che i reporter di diverso background possono offrire storie originali e senza stereotipi, il dipartimento di Diversity and Inclusion è alla costante ricerca di nuovi giornalisti da formare e arruolare. “Non è un’attività caritatevole verso le minoranze,” spiega Yasir Mirza, responsabile del dipartimento. “Al contrario, è un modo per aprire un mondo di storie, spesso personali, che sono da qualche parte là fuori e che, altrimenti, non riusciremmo a scoprire.”
Avere un background diverso significa anche vedere ciò che gli altri non vedono. È per questo che, ogni anno, a dodici giovani giornalisti di minoranze etniche è offerta la possibilità di svolgere un’esperienza lavorativa in redazione. In cambio, devono dedicare parte delle loro energie a denunciare gli errori e le carenze del giornale, e ad aiutare i professionisti a liberarsi dei loro pregiudizi inconsci.
Anna Meli, Giulia Dessì
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