Presentato dal Centro Astalli, in diretta sul canale youtube, il Rapporto annuale 2021
A cura di Paola Barretta
Il 2020, l’anno segnato dallo scoppio della pandemia da Covid-19, dal lockdown e dalle misure restrittive per arginare la diffusione dei contagi, ha registrato un aumento degli arrivi via mare di migranti in Italia (34mila), dopo due anni di diminuzione (23mila nel 2018 e 11mila nel 2019).
Per molti migranti forzati la pandemia non è quindi il peggiore dei mali da affrontare. Violenze, dittature, profonde ingiustizie sociali ed economiche costringono quasi 80 milioni di persone nel mondo a mettersi in cammino verso un paese sicuro.
Allo stesso tempo però sono diminuite le richieste d’asilo in Italia: 28mila (contro le 43.783 del 2019). Nonostante numeri decisamente bassi di arrivi rispetto al recente passato, il sistema di protezione fatica a rispondere efficacemente ai bisogni delle persone approdate nel 2020 o già presenti sul territorio. In un anno di accompagnamento dei migranti forzati, complice la pandemia, il Centro Astalli ha registrato un aumento degli ostacoli frapposti all’ottenimento di una protezione effettiva, un intensificarsi del disagio sociale e della marginalizzazione dei rifugiati.
Molte situazioni, già in equilibrio instabile, si sono trasformate in condizioni di grave povertà.
Persone rese fragili da viaggi spesso drammatici che durano mesi o anni, si scontrano con normative e prassi dei singoli uffici non di rado discriminatorie, rendendo spesso le questioni burocratica un potenziale vicolo cieco. Non pochi davanti all’ennesima difficoltà rinunciano a far valere i loro diritti, convinti di non avere alcuna possibilità di vederli riconosciuti.
L’emergenza dimenticata: dove sono i migranti che non riescono a raggiungere l’Europa?
I primi esclusi dalla protezione internazionale sono gli sfollati interni che rimangono bloccati nei confini degli Stati da cui scappano, sempre più invisibili, non riescono a raggiungere un Paese sicuro, in cui chiedere protezione.
L’aver bloccato gli ingressi a causa della pandemia (durante il primo picco, 90 Paesi hanno chiuso completamente le frontiere anche ai richiedenti asilo), la mancanza di azioni di soccorso e ricerca nel Mediterraneo centrale da parte di governi e Unione europea, l’aver fortemente limitato le azioni delle ONG, finanziando invece attività di ricerca e respingimento da parte della guardia costiera libica, non ha bloccato i flussi irregolari di migranti ma ne ha reso solo meno visibili le conseguenze. Nel 2020 sono stati oltre 11.000 i migranti soccorsi o intercettati nel Mediterraneo, riportati in Libia e lì detenuti in condizioni che le Nazioni Unite definiscono inaccettabili.
A questi si aggiungono le oltre 1.400 vittime accertate di naufragi nel corso del 2020.
Anche quest’anno molte delle persone che si sono rivolte al centro SaMiFo (Salute Migranti Forzati) sono state vittime di gravi violenze in Libia. Riferiscono di essere state torturate, ma anche di aver subito percosse e abusi indiscriminati. Nel 2020 il SaMiFo si è trovato a certificare inoltre le violenze inferte nei Balcani dalle forze di polizia e quelle causate dai respingimenti alla frontiera tra Italia e Slovenia.
L’accoglienza dei rifugiati: i tempi si allungano le risposte si fanno più complesse
Accompagnare i migranti forzati in un contesto di per sé già non facile e aggravato dalla pandemia ha rappresentato una sfida che nel 2020 si è fatta più complessa.
A partire dal permesso di soggiorno, molte delle persone che abbiamo incontrato ci hanno manifestato la difficoltà di ottenerlo o rinnovarlo (per mancanza di requisiti tra i quali spicca l’iscrizione anagrafica). L’abolizione della protezione umanitaria (che veniva riconosciuta a molti richiedenti con vulnerabilità sanitarie o sociali), si aggiunge a criticità e difficoltà pregresse.
Quanto all’accoglienza le realtà della Rete territoriale nel 2020 hanno dato ospitalità complessivamente a 882 persone (soprattutto in convenzione Siproimi/SAI), secondo un modello di intervento che mette al centro la promozione della persona e che costruisce integrazione da subito. Il nuovo decreto immigrazione convertito in legge a dicembre 2020 pur allontanando la logica di un sistema di accoglienza pubblico che rimanda le opportunità di inclusione a una “seconda fase” accessibile a pochi rimane ancora largamente insoddisfacente per numeri di posti messi a disposizione sul territorio nazionale e di Comuni che aderiscono alla rete di accoglienza del Ministero dell’Interno.
Le conseguenze dei decreti sicurezza sono ancora ben visibili. Il 36% delle persone che si sono rivolte all’ambulatorio del Centro Astalli Palermo non risultava iscritta al Servizio Sanitario Nazionale: nella maggior parte dei casi si tratta di migranti che vivono in Italia da tempo, ma che per difficoltà relative alla residenza o al titolo di soggiorno non sono riusciti ad accedere o hanno perso l’accesso all’assistenza sanitaria pubblica. In tale contesto diventa più difficile motivare le persone a investire tempo in percorsi di integrazione: molte hanno fretta di trovare un’occupazione qualsiasi (anche in nero o sottopagata), per non rischiare di perdere il permesso di soggiorno. Questa situazione andrà rapidamente a scapito della qualità del loro futuro in Italia e priverà la società italiana del contributo che persone giovani e motivate potrebbero dare alla società.
Il Centro Astalli in cifre
Utenti 2020: 17.000 di cui 10.000 a Roma Volontari: 407
Associazioni della rete Centro Astalli: 8 Pasti distribuiti: 55.075 a Roma
Persone accolte: 882 di cui 225 a Roma
(126 nei centri Siproimi/SAI; 83 nelle comunità di ospitalità e 16 nelle case famiglia)
Studenti incontrati nell’ambito dei progetti Finestre e Incontri: 14.824
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La foto in evidenza è di Lucrezia Lo Bianco