Da Termine al confine con l’Austria. Il viaggio raccontato su Left
Si chiama Matywos e mi racconta di essere nato ad Asmara, in Eritrea. Lì ha perso due fratelli per la guerra e la sua famiglia ha raccolto i duemila euro per la traversata. Oltre a qualche soldo per i treni verso Monaco. «E le telefonate a casa», mi spiega, perché per quasi tutti il cellulare che impugnano anche dormendo, recuperato qui in Italia, è il loro cordone ombelicale lungo più di un continente. Gli chiedo come pensano di arrivare a Monaco, ma non ci metto molto a capire che nessuno di loro (nemmeno gli altri (due compagni che si sono avvicinati dopo avermi radiografato con curiosità chirurgica) ha lontanamente idea della geografia europea. Sanno solo di volere andare a Nord. Andemeskel, spalmato sul finestrino e allungato di sbieco, mi dice di voler andare in Sweden, Svezia, dove c’è un suo cugino. «È lunga» gli dico con un sorriso e lui sbatte la sua mano lunga. «Su! Su!», mi dice con un sorriso. E l’Italia? Nessuno di voi vuole stare in Italia? Ed è tutto un coro di «no no no». «Ma l’Italia è bellissima», mi rassicurano. Forse hanno pensato che potessi rimanerci male. Hanno pensato di essere scortesi, loro.
Giulio Cavalli per LEFT
Roma, Bolzano, Brennero. Tappa dopo tappa Giulio Cavalli racconta su Left il viaggio in treno dei migranti che vogliono chiedere asilo nel centro e nel nord Europa.
L’articolo è disponibile al seguente link: «In treno coi migranti puntando verso Monaco».