di Paola Barretta
Nella narrazione mediatica degli ultimi mesi, assumono piena centralità i fatti di Macerata: l’omicidio di Pamela Mastropietro compiuto da tre uomini di origine nigeriana e la tentata strage di matrice razzista a danni di sei giovani di colore da parte di un cittadino italiano.
Grazie alla rassegna stampa dell’Associazione Carta di Roma, dal 30 gennaio al 28 febbraio 2018, è stato possibile costruire una classifica delle parole maggiormente presenti nei titoli dei quotidiani, associate all’omicidio della giovane Pamela e all’aggressione di matrice razzista. Salvini, migrare, immigrazione, immigrato, odio, razzismo, straniero svettano, senza sorpresa fra i termini più frequenti.
Con sorpresa compaiono la parola Islam e moschea. Con altrettanto sorpresa tra i termini ripetuti almeno 4 volte non compaiono droga o spaccio, contesti in cui si è consumato l’omicidio di Pamela.
I fatti di Macerata risultano strettamente interrelati con il discorso politico nel racconto della stampa: entrano e dominano l’agenda della campagna elettorale all’inizio di febbraio: compaiono più volte i termini rabbia, odio, paura, colpa, associati alla drammaticità degli eventi e a un inasprimento complessivo dei toni.
Anche l’informazione televisiva tematizza gli eventi di Macerata: sono 403 i servizi dedicati ai due fatti (con una distribuzione pressoché paritaria tra entrambi) nei telegiornali di prima serata delle 7 reti generaliste, in pratica 2 notizie a Tg al giorno per un mese (dati forniti dall’Osservatorio di Pavia nel periodo 30 gennaio-28 febbraio 2018, Tg di prima serata di Rai, Mediaset e La7).
“Il volto di una ragazza, Pamela Mastropietro di 18 anni che vive in un video ripreso dal telefonino. Il volto di Pamela fatta a pezzi da un nigeriano che non doveva neppure stare in Italia. Parte tutto da qui, da una violenza mostruosa, da quei poveri resti stipati in due trolley e gettati per strada”. È in tv, soprattutto nei programmi di intrattenimento nei talk show che i toni si alzano, le immagini si fanno brutali, i particolari vengono raccontati in modo morboso. Ed è proprio in alcuni di questi programmi che si ascoltano invocazioni contro i nigeriani, i migranti e gli stranieri in generale. Messaggi che veicolano una generalizzazione stereotipata su un gruppo di persone definite in base a appartenenza nazionale, etnica o religiosa, e che legittimano l’insulto e il disprezzo all’individuo singolo in ragione della sua appartenenza a quel gruppo.
Ed è proprio su questi contenuti che ci aspetta, dopo la fase della campagna elettorale, un intervento puntuale e rigoroso da parte degli organismi di vigilanza, in primis da parte dell’AgCom, impegnata contro la diffusione della discriminazione e del linguaggio di odio nell’audio-visivo.
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