Pubblichiamo la traduzione di un articolo realizzato per il Guardian da Fazel Hawramy (da Irbil), Phoebe Greenwood (da Leros), Milan Dinic e Patrick Kingsley. L’originale è qui.
I falsari nel Medio Oriente offrono passaporti siriani a soli 250 dollari. Lo si apprende ad alcuni giorni di distanza da quando è emerso il fatto che uno degli attentatori di Parigi potrebbe essere entrato in Europa usando documenti contraffatti.
Gli ultimi sviluppi innalzano il livello di paura relativa alla potenziale minaccia alla sicurezza posta dalle decine di migliaia di richiedenti asilo che arrivano in Grecia ogni settimana e fanno chiedere a voce più alta la previsione di rotte sicure e legali per i rifugiati. Nonostante le Nazioni unite abbiano messo in guardia dall’eventualità di trovare nei rifugiati i capri espiatori per gli attentati di Parigi, le reazioni negative hanno guadagnato slancio con la notizia che fino a otto persone potrebbero essere entrate in Europa usando passaporti con dettagli simili a quello rinvenuto a fianco all’attentatore. L’Agenzia per la gestione delle frontiere esterne dell’Unione europea (Frontex) ha rivelato di non avere l’equipaggiamento necessario per stabilire l’autenticità dei documenti di identificazione in nessuna della isole greche.
A un giornalista del Guardian nel Kurdistan iracheno sono stati offerti passaporti siriani falsi da due diversi gruppi di trafficanti, a meno di una settimana da quando le autorità francesi hanno affermato che uno dei terroristi potrebbe aver usato un simile documento falso per entrare nell’isola greca di Leros, prima di prendere parte all’attentato avvenuto allo Stade de France. Per soli 250 dollari un trafficante a Sulaymaniyah promette di consegnare un passaporto siriano, una carta d’identità o un certificato di nascita in dieci giorni. Un secondo falsario, a Duhok, dice di poter procurare un passaporto con l’aiuto di un funzionario dell’ambasciata siriana in quattro giorni al prezzo maggiorato di 2500 dollari.
La famiglia di un richiedente asilo curdo morto all’interno di un camion in Austria, Heresh Dindar, racconta che egli ha potuto facilmente acquistare un falso documento siriano a Zakho, una città irachena vicino al confine turco: «Ottenere documenti siriani a Zakho è come bere l’acqua – dice il fratello di Dindar, Isa – È semplicissimo».
Funzionari serbi affermano intanto che fino a otto richiedenti asilo sarebbero entrati in Europa quest’anno con passaporti che riportano dettagli simili a quello di “Ahmad Almohammad”, presunto pseudonimo di uno dei presunti terroristi di Parigi, facendo sospettare che tutti loro possano aver acquistato i documenti dallo stesso falsario in Medio Oriente. Due avrebbero documenti identici, mentre gli altri sei avrebbero usato nomi simili, secondo quanto la polizia serba ha dichiarato al Guardian. Tuttavia non c’è ancora alcuna prova certa del fatto che possano essere stati coinvolti nell’attentato, come affermato da una fonte dell’Interpol.
Queste rivelazioni hanno fatto intensificare i controlli alla frontiera marittima greca, già attraversata da oltre 670mila richiedenti asilo quest’anno nel tentativo di raggiungere l’Europa. Usando i timori legati alla sicurezza come una scusa, il nuovo governo conservativo polacco si è già tirato indietro rispetto all’accordo europeo relativo alla distribuzione dei rifugiati tra gli stati membri – mentre martedì il parlamento ungherese, di destra, ha votato per portare la questione della legittimità dello stesso accordo all’attenzione delle corti europee.
Una portavoce di Frontex ha ammesso che i suoi colleghi non hanno l’attrezzatura e il numero di specialisti necessari per controllare l’autenticità di tutti i documenti d’identità dei nuovi arrivi nelle isole greche. Una squadra con questo scopo è operativa a Lesbo, principale porta d’ingresso per la Grecia, ma Frontex non è in grado di confermare se esperti siano operativi anche a Leros, nella quale l’attentatore sembra essere entrato. Nonostante la promessa di rimpolpare la presenza di Frontex sulle isole, i paesi dell’Unione hanno fornito all’agenzia meno della metà della manodopera necessaria per svolgere le operazioni in modo appropriato. Al 4 novembre due dei paesi più isolazionisti, Polonia e Slovacchia, non avevano inviato un singolo poliziotto di frontiera, mentre l’Ungheria ne aveva inviati solo 4.
«Abbiamo del personale che intervista i migranti e lo scopo di questo colloquio è stabilirne la nazionalità – spiega Ewa Moncure, Frontex – e se hanno qualsiasi dubbio proseguono con le domande», con l’obiettivo di mettere alla prova la conoscenza del richiedente asilo intervistato sulla vita in Siria. Ma Moncure ha ammesso che non tutte le isole greche hanno specialisti che possono esaminare l’autenticità dei passaporti. «Non si può dire che ovunque ci sia Frontex, ci sia un esperto di documenti».
Alcuni sistemi d’asilo dei paesi dell’Unione europea usano mezzi molto più rigorosi per controllare la provenienza dei richiedenti asilo. I funzionari dell’immigrazione in Svezia confermano di verificare i documenti d’ufficio, mentre in Germania «se c’è qualsiasi dubbio, viene eseguita un’analisi», spiega l’ufficio immigrazione tedesco.
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