All’indomani della presentazione del nuovo governo molti sono stati i commenti e gli articoli sulla presenza di un ugual numero di donne al suo interno così come sulla sua giovane età media.
Come riportano molte testate e soprattutto quei cronisti fiorentini che lo conoscono bene sin dai suoi esordi, Matteo Renzi è molto attento alla parità di genere fin dalle primarie del 2009 quando si impegnò con lo slogan “metà donne, metà uomini” ad applicare questo principio sia nelle amministrazioni da lui presiedute e ora nel governo. Si attribuisce addirittura all’alto numero di madri e alla scelta della Ministra Madia, al suo ottavo mese di gravidanza, un carattere simbolico e comunicativo importante a cui molto tiene il neo Presidente del Consiglio.
In questa lettura socio-antropologica e politica-comunicativa del nuovo governo scompare però dai media la notizia dell’estromissione della prima ministra nera della Repubblica italiana, Cécile Kyenge e del suo Ministero. Una figura politica che aveva assunto, spesso suo malgrado, un forte valore simbolico. Così altrettanto importante fattore di discontinuità e innovazione sembrava la scelta di creare un Ministero per l’Integrazione, prassi pluriennale in numerosi paesi europei.
Ricordiamo infatti che e’ del dicembre scorso la nomina da parte della Cancelliera Merkel di Aydan Özoguz, vicepresidente dell’Spd, discendente di immigrati turchi, come nuovo ministro per la Migrazione, i Rifugiati e l’Integrazione, il cui dicastero esiste almeno dal 2005.
Il presidente Hollande non si è fatto problemi a nominare un ministro di origini coreane al dicastero dell’Innovazione, oltre a Christiane Taubira, nativa della Guyana, alla Giustizia, per far capire di essere a conoscenza delle diversità nella Francia di oggi.
Questa volontà di tenere appunto conto della ‘diversità’ era rappresentata dall’esistenza in Italia di un ministero per l’Integrazione guidato da un “ministro immigrato”. Ora non ci sono più.
Certo, non sarebbe corretto attribuire a questa decisione la volontà di affievolire l’attenzione verso le problematiche dell’immigrazione e dell’integrazione. Possono essere altre modalità e altre strategie di intervento.
Sorprende, però, che una decisione così impegnativa e così fortemente simbolica non sia stata spiegata. E sorprende anche la scarsa attenzione che, fatte salve rare e sporadiche eccezioni, gli organi d’informazione hanno dedicato all’evento