«Non ci restano che le fotografie. Le parole non sono più d’aiuto, neppure quelle che noi media usiamo per rendere l’idea. I concetti di apocalisse, ecatombe, o di vergogna, sbiadiscono e perdono di forza davanti al ciclico ripetersi di questo esodo biblico in costante divenire, che proprio per la sua continuità viene percepito come ripetitivo e quindi sempre più lontano da noi». Marco Imarisio, Corriere della Sera, 8 agosto 2015
«Non ci restano che le fotografie. Le parole non sono più d’aiuto, neppure quelle che noi media usiamo per rendere l’idea. I concetti di apocalisse, ecatombe, o di vergogna, sbiadiscono e perdono di forza davanti al ciclico ripetersi di questo esodo biblico in costante divenire, che proprio per la sua continuità viene percepito come ripetitivo e quindi sempre più lontano da noi».
Marco Imarisio, Corriere della Sera, 8 agosto 2015
Ennesima strage di vite nel Mediterraneo. I giornalisti si interrogano su come raccontare questa tragedia che va avanti, incessante, a poche miglia di distanza dalle coste italiane.
Sabato avevamo rilanciato la riflessione di Valerio Cataldi, che si chiedeva come fare per evitare che gli incidenti in cui solo pochi perdono la vita vengano dimenticati, come far sì che non solo gli episodi in cui la conta delle vittime è molto alta trovino spazio sui media.
Oggi, invece, a chi se lo fosse perso l’8 agosto, consigliamo la lettura di quanto scritto da Marco Imarisio sul Corriere della Sera in «Quelle vite come puntini nell’azzurro». Per leggerlo clicca qui.
Pylos e il silenzio dell’informazione
A Lampedusa c’è la tomba di una giovane donna di nome Ester. Aveva 18 anni e veniva dalla Nigeria. Era incinta ed è morta di stenti su un barcone carico di migranti rimasto in balia delle onde per giorni
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