Ci è stato segnalato la "video-inchiesta" dai contenuti razzisti pubblicata sul sito del quotidiano Libero. Un servizio che viola palesemente più di un principio della Carta di Roma (e della Carta dei doveri del giornalista) e che rappresenta un cattivo esempio di giornalismo.
Il video realizzato da Franco Bechis, pubblicato il 21 ottobre sul sito del quotidiano Libero e intitolato «Africani, zingari e romeni sono loro i nuovi Re di Roma», quasi si commenta da solo.
Per illustrare il degrado nelle nostre stazioni non ci vuole molto, sarebbe sufficiente un lavoro giornalistico più approfondito. Certo, non basta riprendere il nulla con una telecamerina dal basso (tanto per drammatizzare il racconto, condito con il finto pathos delle immagini rubate). Di fatto nel video si sente solo il commento del giornalista che racconta le sue impressioni su presunti crimini commessi da alcuni soggetti, senza fornire uno straccio di prova, né video, né audio, né d’altro genere.
Insomma un lavoro giornalistico – penso che ne convengano i lettori di Libero – decisamente modesto. Eppure di piccole e grandi inchieste sul degrado alla stazione Termini, sul giro di truffe e piccoli furti perpetrati da diversi soggetti, ne abbiamo viste tante negli ultimi tempi, alcune di queste ben documentate e girate con telecamere visibili.
Alla fine resta solo una moltitudine di dichiarazioni generiche dell’autore tutte da provare, dove si accusano Tizio e Caio di delitti e nefandezze varie senza far vedere un bel nulla. Ad esempio si punta l’obiettivo contro la presunta ladra e il presunto palo, ripresi tranquillamente in video, e poi – incredibilmente – si rinuncia allo scoop, cioè alla possibilità di documentare in diretta il furto annunciato. Quindi o l’episodio non è avvenuto (e le persone indicate come ladri sono state diffamate) o il servizio è un esempio di nuovo giornalismo, il giornalismo “omertoso”. E i primi a protestare dovrebbero essere proprio i lettori di Libero.
Per farla breve solo un reportage pieno di luoghi comuni e di accuse spesso razziste nei confronti dell’altro, dello straniero, del cosiddetto ‘”uomo nero” o nemico che dir si voglia, che si chiami africano, romeno, zingaro, come propone l’assurdo titolo del pezzo. Come ripetiamo tante volte il problema non è tacere sui problemi reali – in questo caso il degrado e la piccola criminalità – ma raccontare la realtà evitando affermazioni generiche, qualunquiste, spesso infondate se non apertamente discriminatorie. Da questo punto di vista i lettori di Libero meritano certamente di più.
Pietro Suber