Con l’intensificarsi degli arrivi di richiedenti asilo nelle ultime settimane gli italiani si trovano nuovamente a fare i conti con una percezione alterata del fenomeno dell’immigrazione. Rilanciamo a tal proposito un’analisi di Redattore sociale.
A cura di Redattore Sociale
C’è chi parla di “esodo biblico”, chi di “invasione”, chi dice che l’unico modo per fermarli è chiudere gli accessi via mare. Complici gli ultimi due naufragi, il tema dell’immigrazione è tornato più che mai al centro del dibattito pubblico. Ma qual è la reale entità del fenomeno? Siamo di fronte a un’emergenza? E qual è la situazione a livello europeo?
Sono 23 mila le persone sbarcate in Italia nel primo quadrimestre del 2015 (dato aggiornato al 15 aprile) un dato sostanzialmente in linea con quello dello scorso anno. Anzi in calo: nello stesso periodo del 2014 erano arrivati 26.735 migranti. A differenza dello scorso anno, però, gli arrivi massicci si sono concentrati in un’unica settimana: dal 7 al 15 aprile, infatti, sono arrivate circa diecimila persone. Negli stessi giorni si sono verificati i due naufragi, che hanno portato la cifra delle vittime del mare a 1.700 dall’inizio dell’anno: un numero mai registrato prima. Se guardiamo ai numeri, dunque, ad aumentare davvero non sono gli arrivi ma i migranti morti nel tentativo di raggiungere le nostre coste: passati dai 17 dei primi mesi del 2014 ai 1.700 dei primi mesi del 2015. Cento volte tanto.
Alberghi di lusso e 40 euro al giorno. Delle oltre 170 mila persone sbarcate sulle coste italiane nel 2014, solo un terzo ha ricevuto accoglienza nel nostro paese. Secondo i dati del ministero dell’Interno nel 2014 sono in tutto 66.066 le persone ospitate nelle strutture temporanee, nei Cara e nei centri Sprar. Nei primi mesi del 2015 il loro numero è salito a 68mila. Un numero in linea anche con il dato sulle domande d’asilo e protezione internazionale presentate nel nostro paese: 64.886 in tutto nel 2014. A fare domanda sono soprattutto afghani, maliani e persone provenienti dall’Africa sub sahariana. Tra le nazionalità maggiormente rappresentate non compaiono né la Siria, né l’Eritrea, che sono, invece, i primi due Paesi di origine dei 170.757 migranti arrivati in Italia lo scorso anno (rispettivamente 39.651 e 33.559 persone). Questo perché, come sostiene anche l’ultimo rapporto del Centro Astalli, l’Italia è sempre più considerata dai migranti un paese di “transito”. Stando ai numeri per ora non c’è “un’emergenza accoglienza”, tanto che il ministero dell’Interno non parla di un piano straordinario, quanto piuttosto di una redistribuzione del numero di migranti tra le regioni (tra quelle del Sud che da sole accolgono quasi il 50 per cento di coloro che arrivano e quelle del nord). Ad essere aumentati saranno piuttosto i posti per la primissima accoglienza (tra le ipotesi c’è anche quella di creare tendopoli e tensostrutture) ma anche i progetti Sprar, da cui oggi sono interessati solo 500 comuni su ottomila e i posti per i minori non accompagnati.
Il costo medio per l’accoglienza di un richiedente asilo o rifugiato è di 35 euro al giorno. Un importo non definito per decreto, ma da una valutazione sui costi di gestione dei centri di accoglienza. Soldi, però, che non finiscono in tasca ai migranti ma che vengono erogati alle cooperative, di cui i comuni si avvalgono per la gestione dell’accoglienza. E che servono a coprire le spese di gestione e manutenzione, ma anche a pagare lo stipendio degli operatori che ci lavorano. Della somma complessiva solo 2,5 euro in media, il cosiddetto pocket money, è la cifra che viene data ai migranti per le piccole spese quotidiane (dalle ricariche telefoniche per chiamare i parenti lontani, alle sigarette, alle piccole necessità come comprarsi una bottiglia d’acqua o un caffè). Una volta sbarcati, i migranti vengono accolti nei centri per la prima accoglienza, che di solito si trovano nelle vicinanze dei porti dove arrivano. Da qui vengono poi smistati nei centri per migranti o richiedenti asilo, presenti sul territorio nazionale. In assenza di posti sul territorio i prefetti si rivolgono anche a strutture alberghiere che, soprattutto in bassa stagione, danno la loro disponibilità ad ospitare persone (sono i cosiddetti Cas, centri per l’accoglienza straordinaria). Questo tipo di gestione straordinaria ed emergenziale, è stata molto spesso criticata da chi si occupa dei diritti dei richiedenti asilo perché improvvisata e, dunque, in molti casi non in grado di rispettare gli standard minimi di accoglienza.
Sono state 626 mila le persone che hanno fatto richiesta d’asilo in Europa nel 2014, 191 mila in più rispetto al 2013 (+44 per cento) secondo le cifre fornite da Eurostat a marzo 2015. L’Italia è il terzo paese in termini di domande ricevute, dopo Germania e Svezia. A registrare il numero più alto di migranti accolti sono i tedeschi, con una cifra che è pari a un terzo del totale (202.700), seguiti dagli svedesi con 81.200 (il 13 percento) e per l’appunto da noi italiani, insieme ai francesi. L’Ungheria, che ha ricevuto 72.800 richieste d’asilo (il 7 percento di tutta l’Ue) si colloca al quinto posto. Se si prende in esame, però, il rapporto tra richiedenti asilo e popolazione totale: la media Ue è di 1,2 richiedenti asilo ogni mille abitanti. L’Italia si colloca leggermente al di sotto con 1 rifugiato ogni mille abitanti. In Svezia il numero sale a 8,4 ogni mille abitanti, in Ungheria a 4,3, in Austria a 3,3 e in Germania a 2,5. A livello mondiale, poi, il numero più alto di richiedenti asilo è accolto nei paesi in via di sviluppo. Alla fine del 2013, in questi paesi hanno trovato accoglienza 10,1 milioni di persone, equivalenti all’86 per cento dei rifugiati del mondo, il valore più alto degli ultimi 22 anni. I paesi in assoluto meno sviluppati (come Pakistan, Etiopia, Sud Sudan e Kenya) hanno da soli provveduto a dare asilo a 2,8 milioni di rifugiati, corrispondenti al 24 per cento del totale mondiale, come sottolinea l’ultimo Rapporto sulla protezione internazionale del 2014.
Quella via mare è solo una delle rotte utilizzate dai migranti per raggiungere l’Europa. Senza contare che il grosso dell’immigrazione, in Italia e in Europa, è costituito da migranti comunitari che arrivano via terra, semplicemente prendendo un autobus o un aereo, anche l’immigrazione extra Ue è un fenomeno che si snoda secondo diverse direttrici. Secondo l’ultimo rapporto di Frontex, ad aprile sono 23mila le persone arrivate via mare, a fronte delle 34mila che hanno scelto la terraferma, attraverso la rotta dei Balcani occidentali, per raggiungere la Slovenia e l’Ungheria e poi giungere in Germania o in un altro paese del Nord dell’Europa. Cresce anche la rotta del Mediterraneo orientale, dove al 15 aprile i passaggi sono stati 17.628, il 241 per cento in più del 2013.
In questi giorni i due termini sono stati usati spesso come sinonimi. In realtà non sempre gli scafisti sono anche trafficanti di uomini. In molti casi sono reclutati tra le file dei profughi, tra quelli che hanno un minimo di esperienza di navigazione. In cambio di un viaggio gratis, accettano di mettersi alla guida dei barconi, senza sapere se arriveranno a destinazione, accettando il rischio di un’imputazione per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. “Su di loro non si può generalizzare – spiega don Mussie Zerai, presidente dell’agenzia Habescia – I veri scafisti e trafficanti non vogliono rischiare più e mandano avanti dei disperati. Spesso nigeriani, eritrei, etiopi o somali”.
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