A cura di Cronache di ordinario razzismo
Nel novembre 2014, una giovane coppia berlinese, composta dalla 28enne Mareike Geiling e dal 31enne Jonas Kakoschke, ha deciso di mettere in piedi una piattaforma innovativa che mira ad incrociare da un lato il bisogno di accoglienza ed ospitalità da parte di profughi e rifugiati, e dall’altro chi desidera mettere a disposizione una stanza nella propria abitazione o un appartamento inutilizzato. La coppia stava sperimentando da tempo questa forma di accoglienza “partecipata” ospitando un cittadino maliano 39enne. Refugees Welcome, questo il nome del progetto, ha immediatamente ricevuto numerosi feedback positivi, al punto che la piattaforma si è rapidamente riempita di offerte. Infatti, più di 780 cittadini tedeschi hanno messo a disposizione una stanza e ben oltre 100 persone, soprattutto provenienti dall’Afghanistan e dalla Siria, sono state sistemate in case private di Berlino e dintorni. All’appello hanno risposto in modo trasversale single e coppie, studenti e professionisti, senza distinzione d’età e di situazione abitativa o reddituale. Un vero successo che ha sfidato la chiusura delle frontiere reali e simboliche della Fortezza Europa.
E quando un progetto è ben strutturato e vero motore di innovazione sociale, ecco che presto diventa replicabile. Infatti, iniziative simili si sono rapidamente diffuse un po’ in tutta Europa: Austria, Grecia, Olanda, Polonia, Portogallo, Spagna, Svezia hanno già inaugurato la propria piattaforma.
E cosi Refugees Welcome sbarca anche in Italia grazie al lavoro di Germana Lavagna e Matteo Bassoli. Nasce come una associazione costituitasi l’11 dicembre 2015, parte del network internazionale Refugees Welcome, per favorire la diffusione dell’accoglienza in famiglia di richiedenti asilo e rifugiati. L’associazione è nata grazie al lavoro volontario e autofinanziato di un gruppo eterogeneo di professionisti del settore, che includono competenze multidisciplinari maturate in processi di innovazione sociale, in materia di migrazione e politiche di inclusione, nel volontariato con associazioni di settore, nella valutazione delle politiche pubbliche, nella comunicazione e nella costruzione di partenariati pubblico-privati.
La versione italiana della piattaforma, attiva dal 21 dicembre, consente di mettere in contatto varie parti in causa (ospitanti, rifugiati, associazioni e tutor) per trovare una collocazione alle persone. Le sezioni del sito garantiscono assistenza completa e una guida al processo d’accoglienza (per ora sono attive sezioni locali in Lombardia, Piemonte, Toscana, Lazio e Veneto).
La forza del progetto sta, oltre che nella sua carica innovativa, che rompe con gli schemi classici dell’accoglienza (o non accoglienza!), nella creazione di reti territoriali, attraverso la collaborazione con le istituzioni pubbliche e le associazioni competenti sui temi dell’accoglienza e già operanti sul campo.
L’esperimento è interessante anche nell’ottica delle partnership: ovvero, la collaborazione diImpactON, che fornirà informazioni sulle località relative alla crisi dei rifugiati in Italia e all’estero, e diWeTipp, una piattaforma di engagement per community.
La sfida lanciata all’Italia è dunque quella di credere che sia possibile diffondere sul territorio unamodalità di accoglienza diversa, e che i rifugiati e/o i richiedenti asilo in Italia possano essere ospitatiin modo più umano anche dai privati cittadini, e non nei centri collettivi, spesso sovraffollati, impersonali e non accoglienti, offrendo loro un caloroso benvenuto. Se ci fosse concesso, diremmo un’accoglienza accogliente.
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