21mila le persone incontrate nei servizi del Centro Astalli a Roma. La loro condizione nel Rapporto 2015
Offrire a ciascun rifugiato opportunità oneste e accessibili per vivere in Italia in sicurezza e dignità: resta questo il punto più dolente del nostro sistema d’asilo. Come si è cominciato ad intervenire in maniera più decisa e strutturale sulla prima accoglienza, è indispensabile una riflessione più approfondita e qualificata su cosa significhi protezione oggi in Italia e come essa si declini nella vita quotidiana delle persone a cui viene riconosciuta. Gli enti locali non possono essere lasciati soli in questa sfida: è necessario il coinvolgimento di tutti i Ministeri rilevanti, linee guida precise e misure concrete.
Con queste parole il presidente del Centro Astalli, padre Camillo Ripamonti, introduce il Rapporto 2015, nel quale viene descritta la condizione dei 21mila tra richiedenti asilo e rifugiati che durante il 2014 si sono rivolti alla sede italiana del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati, usufruendo dei servizi di prima e seconda accoglienza che l’associazione gestisce.
Delle 21mila persone costrette alla migrazione forzata incontrate a Roma, molte erano solo “in transito” in Italia: fermi per poche settimane a Roma, in attesa di proseguire il viaggio, si affidano strutture di accoglienza temporanea o trovano riparo presso le stazioni ferroviarie. Il paese di provenienza più diffuso è stato il Mali; una tendenza in crescita già dal 2013, che negli ultimi mesi del 2014 è arrivata a rappresentare il 30% di tutti gli utenti.
Il sistema d’accoglienza, sotto alla spinta di un flusso di arrivi in costante crescita, ha tentato di adeguarsi: nel 2014 è stato quindi ampliato a 22.000 posti e, per il 2015, si prevede di arrivare a 40.000. «Solo cessando di ricorrere a misure emergenziali sarà possibile avere un sistema trasparente, ben monitorato e con standard soddisfacenti», scrive il Centro Astalli. Restano ancora estremamente limitate, invece, le opportunità di misure di accompagnamento all’integrazione, nonostante alcune sperimentazioni positive, come i tirocini formativi promossi dal Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati. La mancanza di un programma organico di questo aumenta le difficoltà incontrato dei rifugiati al termine del periodo previsto per l’accoglienza: anche chi ha un’entrata economica spesso si trova a dover ricorrere a subaffitti, affitti in nero o in strutture abbandonate e inagibili, come dimostra la presenza di un alto numero di edifici occupati a Roma.
Numerosi i casi di tortura, violenza intenzionale o abusi sessuali subiti dai richiedenti asilo e rifugiati: nel 2014 il Centro Astalli ha incontrato 556 vittime, il 52% uomini e il 48% donne. «Il disagio di queste persone è spesso silenzioso e rischia di essere sottovalutato o ignorato del tutto – si legge nel rapporto – Le vittime di tortura che si sono sottoposte a una visita per il rilascio del certificato medico-legale da presentare alla Commissione Territoriale sono state 189, in prevalenza uomini (75%), provenienti soprattutto da Senegal, Mali e Mauritania». Conseguenze degli abusi a volte sono problemi psichici, più o meno gravi, per i quali non è ancora prevista una risposta adeguata: sono proprio i più vulnerabili a restare talvolta esclusi dal sistema di accoglienza, a causa dei ripetuti rimpalli da un ente a un altro.