Mentre all’estero la storia di Satriano – paesino calabrese che punta sulla presenza di migranti e rifugiati per rinascere – è stata ripresa da media nazionali e internazionali, in Italia è ancora ignorata.
Di seguito la traduzione dell’articolo pubblicato su Citiscope.org, testata online non profit che si occupa di innovazione urbana, da Simone D’Antonio: «In Italy, a struggling town looks to refugees for revival».
Simone D’Antonio, Citiscope
Satriano. La popolazione di questo paese situato nella punta dello Stivale si sta riducendo sempre più, man mano che i suoi residenti invecchiano.
Sulle stradine che si arrampicano per le colline della città vecchia sono allineate case disabitate con il cartello “vendesi”. La piazza centrale è quasi vuota a mezzogiorno, solo un paio di negozi restano aperti. Il trambusto maggiore si ripete ogni giorno alle otto, alle dodici e alle sedici, quando una sirena commemora i bombardamenti avvenuti durante la Seconda guerra mondiale, che molti dei residenti sono abbastanza anziani da ricordare.
Durante il picco degli anni Cinquanta la vecchia Satriano contava circa 3.800 residenti. Oggi sono meno di mille. Se il numero dovesse ridursi ancora le scuole, le strutture sanitarie e l’ufficio postale potrebbero essere costretti a chiudere.
Così, quando un fiume di rifugiati ha iniziato a riversarsi in Europa – alcune delle imbarcazioni su cui sono trasportati al termini delle operazioni di soccorso attraccano non lontano da qui – le autorità locali hanno visto una grande opportunità. In Italia i servizi di accoglienza e di integrazione dei richiedenti asilo ricadono sotto le amministrazioni locali e i sindaci dell’impoverita Calabria – soprattutto quello di Satriano – stanno abbracciando questa responsabilità.
Il Comune di Satriano con entusiasmo sta sistemando i rifugiati in residenze temporanee, fornendo loro un’occupazione e assistendoli nella procedura d’applicazione d’asilo. La speranza è che i rifugiati, la maggior parte dei quali uomini nei loro venti anni, scelgano di restare piuttosto che di spostarsi verso zone più fiorenti d’Italia o verso la Germania, la Svezia o il Regno Unito. Forse si faranno raggiungere dalle loro famiglie, acquisteranno le case ora abbandonate e si costruiranno una vita qui.
«La presenza dei rifugiati può essere un’opportunità per ripopolare la città – spiega il sindaco di Satriano, Michele Drosi – È in grado di creare un circolo virtuoso». I risultati dell’atteggiamento di apertura e accoglienza di Satriano rimangono al momento modesti: circa 20 rifugiati vivono qui e resta difficile rovesciare decenni di declino. Ma le politiche inclusive della cittadina rappresentano un modello del tipo di approccio che città e paesi europei dovranno considerare per riuscire assorbire gli 8mila rifugiati e migranti che ogni giorno arrivano nel continente. E potrebbe funzionare, almeno per alcune delle persone che passano di qui.
«Se trovassi un buon lavoro sarei felice di restare qui», dice Adnan, dal Pakistan, apprendista presso un parrucchiere. Adnan è arrivato a Satriano dopo aver trascorso tre mesi a Pescara, città più grande nel centro d’Italia: «Preferisco la dimensione di vita di un piccolo centro. E anche la convivenza con persone che vengono da un contesto diverso, come i ragazzi africani che abitano qui, sta andando bene».
Abbracciare chi viene da fuori è semplice per i residenti di Satriano, perché molti sono stati a loro volta migranti in gioventù. Durante gli anni Cinquanta e Sessanta centinaia di abitanti sono partiti per la Svizzera, la Germania e l’Argentina, in cerca di lavoro. Coloro che sono tornati simpatizzano oggi con i giovani che arrivano e che provengono principalmente da Pakistan, Mali, Burkina Faso.
Il presidente dell’associazione locale anziani, Carmine Battaglia, ribadisce: «Chi meglio di noi, che abbiamo lasciato il paese a causa della povertà, da giovani lavoratori, può capire il dolore delle persone che fuggono da guerra e persecuzioni?».
Satriano fa parte della rete nazionale che conta 376 comuni chiamata Sprar – Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, un network creato dal ministero degli Interni che è finanziato dal governo e dall’Unione europea e coordinato da un ufficio centrale facente capo all’Anci (Associazione nazionale comuni italiani).
Satriano è un buon esempio di ciò che lo Sprar chiama “accoglienza integrata“. Come altre città e paesi di Italia, riceve 35 euro al giorno per ogni rifugiato ospitato. È una cooperativa locale, Globe Media, a gestire il progetto per conto del comune. Lo staff di Globe è composto quasi esclusivamente da migranti di lunga data che hanno ottenuto la cittadinanza italiana, incluso il suo presidente, Khalid Elsheikhe, arrivato dal Sudan all’inizio degli anni Novanta. La cooperativa aiuta i rifugiati in primo luogo ad acquistare il cibo, trovare una casa e a imparare l’Italiano, ma anche a scrivere la richiesta d’asilo, a raccogliere i documenti necessari e a prepararsi ai colloqui con le commissioni territoriali.
Mentre la procedura per la richiesta d’asilo va avanti – può durare da sei mesi a un anno – Globe aiuta i rifugiati a trovare un’occupazione. Alcuni trovano un lavoro attraverso il Comune pulendo le strade, facendo giardinaggio o dedicandosi alla manutenzione degli edifici pubblici. Altri ricevono delle “borse” che consentono loro di lavorare nel settore privato, pur essendo pagati dal Comune – il datore di lavoro deve essere d’accordo nell’offrire un apprendistato. In questo modo, per esempio, Adnan ha ottenuto il suo impiego come parrucchiere, ma vi è anche chi lavora in fabbrica e nel settore agricolo. Per la maggior parte dei nuovi arrivati trovare un lavoro è il più importante fattore decisivo che influenza la scelta di restare a Satriano o di trasferirsi in regioni europee dove vi è molta più occupazione. Un rifugiato, Abdullah, del Mali, mi ha raccontato di essere felice di dedicarsi alla pulizia delle strade per il Comune: «Mi ha dato l’opportunità di vivere a stretto contatto coi residenti e di sentirmi più integrato». Ma ammette che potrebbe spostarsi altrove se gli venisse riconosciuto lo status d’asilo, come spera. «Sarà fondamentale trovare un buon lavoro se voglio stabilirmi qui in Italia – aggiunge – Una volta ottenuto lo status di rifugiato andrò dove sarò in grado di trovare un lavoro».
Elsheikhe, di Globe Media, spiega che anche coloro che lasciano Satriano potrebbero tornare un giorno: «Siamo ancora in contatto con dei rifugiati passati qui e stabilitisi nel Regno Unito – racconta – Alcuni di loro dicono che il desiderio è quello di guadagnare abbastanza soldi per poter aprire un negozio o un ristorante a Satriano e tornare a vivere qui».
La maggior parte dei rifugiati di Satriano vive in un edificio storico ristrutturato, Palazzo Condò; il Comune ha usato i fondi dell’Unione europea per restaurare la struttura, che si trova accanto alla chiesa principale. I letti a disposizione dei rifugiati sono venti. Ora è in fase di ristrutturazione il seminterrato, con lo scopo di ospitare un centro diurno per anziani. È stata una scelta precisa quella di avere rifugiati e anziani nello stesso edificio: l’obiettivo è quello di promuovere il confronto e la comprensione reciproca. E in parte ciò accade già adesso in modo organico: l’associazione anziani invita i rifugiati a prendere parte alle gite sociali organizzate per i suoi membri, come le escursioni in montagna. Altri cittadini, invece, hanno portato i rifugiati a una partita di calcio nelle vicinanze; i residenti ospitano i rifugiati nelle loro case o offrono loro passaggi in auto dalla città vecchia alla zona nuova di Satriano, vicino al mare.
Satriano spera di far crescere il suo programma rinnovando alcune delle case disabitate della città vecchia e trasformandole in centri per l’ospitalità di nuovi richiedenti asilo. Le case sarebbero usate come residenza temporanea per le persone di passaggio, oppure potrebbero essere affittate direttamente a coloro che scelgono di fermarsi.
Ci sono buone ragioni per cui dubitare che il piano di Satriano funzioni: potrebbe semplicemente non esserci abbastanza lavoro per convincere i migranti a restare. Ma grazie all’accoglienza offerta da Satriano, i rifugiati prenderanno in seria considerazione questa possibilità.
«Puntiamo a migliorare ancora di più questo processo di integrazione – conclude il sindaco Drosi – Vogliamo che i richiedenti asilo si sentano veri cittadini di Satriano e parte della comunità locale».
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