Di Alessandro Lanni (@alessandrolanni)
Migranti e rifugiati, la Spagna sarà la Grecia del 2017 o del 2018? Difficile dirlo oggi, anche se in molti – in Italia e non solo – nelle scorse settimane hanno ipotizzato che di qua e di là di Gibilterra stesse per nascere (o meglio rinascere) una frontiera diversa per l’ingresso in Europa. Con la porta d’oriente bloccata dall’accordo Erdogan e Ue e con il passaggio attraverso il Mediterraneo centrale sempre più difficile, la rotta occidentale tornerà a essere battuta come a metà degli anni Duemila? È fondata questa ipotesi?
Per prima cosa vediamo i numeri.
Nei primi sette mesi del 2017 la Spagna è diventata il secondo paese per arrivi attraverso il Mediterraneo superando la Grecia: 12200 a 11500. In tutto il 2016 – secondo i dati Unhcr – gli arrivi di migranti e rifugiati in Spagna sono stati complessivamente 14094, 8162 via mare e 5932 a Ceuta e Melilla, enclave spagnole in Marocco. Il trend è in crescita ma – per ora – non si tratta di un’esplosione.
A metà agosto 2017 gli sbarchi sulle coste andaluse e, in minima parte, sulle Canarie sono stati 9738 mentre gli attraversamenti via terra 3944. Senza fare rischiose previsioni sul futuro anche prossimo, appare evidente come il flusso sia oggi più consistente.
Per avere un termine di paragone, nel mese di luglio gli arrivi di migranti e rifugiati in Italia sono quasi dimezzati rispetto allo stesso mese 2016 (11461 e 23552) mentre in Spagna gli sbarchi sono più che triplicati (2657 a fronte dei 775 nel luglio 2016). Non così in agosto che quest’anno conferma lo stesso numero (circa 1500) di quello dell’anno passato.
Certo, gli arrivi in Spagna sono ancora molti meno rispetto a quelli in Italia, ma c’è un’inversione del trend che può significare qualcosa. Quali le ragioni di quest’aumento? Difficile, dirlo con sicurezza. Si tratta di un fenomeno strutturale, di un cambiamento duraturo o momentaneo? Gli accordi del Governo italiano in Libia stanno producendo degli effetti, come l’aumento delle operazioni della guardia costiera libica per intercettare le imbarcazioni dirette verso l’Italia.
Dal picco del 2006 con quasi 40mila ingressi a oggi le cose per la Spagna sono molto cambiate. La politica dell’esternalizzazione delle frontiere, con l’appoggio del Marocco per un decennio ha sigillato o quasi la rotta verso la penisola iberica e le Canarie.
«Non siamo di fronte a una situazione d’emergenza in Spagna» commenta l’Unhcr. «Anche se è sempre più necessario, dopo questa crescita degli arrivi, che si creino rapidamente strutture per identificare persone con bisogni specifici, per esempio vittime di tratta o minori non accompagnati».
«Siamo ancora lontani da una nuova crisi delle migrazioni nel Mediterraneo» conferma a Carta di Roma Simon McMahon, ricercatore dell’Università di Coventry ed esperto di migrazioni in Spagna. «Negli anni duemila Madrid ha spesso dovuto rispondere a più di 10mila arrivi all’anno e nel 2006 sono arrivati addirittura quasi 40mila. La situazione attuale non è facile da gestire, ma è sbagliato dire che è una novità».
Se si passa dagli arrivi alle richieste d’asilo emerge un dato interessante. Nell’ultimo rapporto trimestrale sui richiedenti asilo di Eurostat ai primi 5 posti compaiono 4 nazionalità inusuali per lo scenario europeo. Soprattutto, si tratta di persone che non arrivano a chiedere protezione attraverso un viaggio via mare.
«Questo dato da una parte – prosegue McMahon – ci ricorda che non tutti i migranti e rifugiati attraversano il Mediterraneo. L’emigrazione dal Venezuela sta aumentando velocemente a causa della situazione di instabilità che si vive in quel paese. Venezuelani, Colombiani e Salvadoregni non hanno bisogno di una visto specifico. E da quest’anno anche agli ucraini è stato dato il diritto di viaggiare in Europa senza visto, come fu per i Romeni nel 2002». Neanche le famiglie siriane in arrivo in Spagna viaggiano via mare, piuttosto scelgono di entrare attraverso le porte di Melilla, l’enclave spagnola nel nord del Marocco. Al 31 maggio siriani erano il 10% degli arrivi.
Certo, i dati si riferiscono ai mesi invernali quando gli arrivi via mare non erano ancora cresciuti eppure danno – almeno in parte – la misura di come possa essere complesso il fenomeno migratorio e aiutano a evitare scorciatoie interpretative.
Il punto decisivo ora sarà capire quanti di questi dati si tradurranno in richieste d’asilo. Nel 2016 le domande presentate in Spagna sono state 15.755 di cui – ad esempio – 3960 di cittadini venezuelani.
«È importante ricordare anche che il contesto in Spagna e Marocco oggi è molto diverso rispetto a quello di Grecia e Turchia durante il 2015» conclude McMahon. Non è all’orizzonte una crisi delle proporzioni di quella siriana e il “laboratorio spagnolo” è in funzione da anni. Difficile che possano arrivare attraverso la rotta del Mediterraneo occidentale un milione di persone come in Europa due anni fa, ma anche 100mila.
Realizzato con il supporto di
La fotografia in evidenza è di @UNHCR/Arturo Rodriguez
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