«Mi sono convinto che, se avessi lavorato abbastanza, ottenuto abbastanza, sarei stato premiato con la cittadinanza. Sentivo di potermela guadagnare. Ho tentato. Negli ultimi 14 anni ho studiato e costruito una carriera da giornalista, intervistando alcune delle persone più famose del paese. In superficie ho creato una bella vita. Ho vissuto il sogno americano. Ma sono ancora un migrante senza documenti. E questo significa vivere una realtà diversa. Significa vivere ogni giorno nel timore di essere scoperto».
Con queste parole nel 2011 Jose Antonio Vargas rivelò il suo segreto al mondo attraverso le pagine del New York Times. Nato nelle Filippine nel 1981, all’età di dodici anni viene messo su un aereo per raggiungere i nonni negli Stati Uniti. Quattro anni dopo, presentando la green card in una scuola guida per ottenere la patente, scopre che il documento è falso. Da allora lo nasconde, fino a quando nel 2011, con un Pulitzer già alle spalle e stanco di dover mentire a persone e istituzioni, decide di raccontare la sua storia.
Complice – forse – la fama guadagnata, dopo la confessione pubblica Vargas ha proseguito la sua vita statunitense senza essere ostacolato dalla giustizia, almeno fino a poco fa.
Dal 2011 ha intrapreso la battaglia per i diritti dei migranti, come attivista e come giornalista; ha dato vita al movimento Define American, campagna che raccoglie l’esperienza di tanti che, come Vargas, sono ancora undocumented, pur sentendosi a tutti gli effetti cittadini degli Stati Uniti e pochi mesi fa ha diffuso “Documented”, documentario del quale è autore e protagonista, una denuncia della condizione vissuta da migliaia di non-cittadini americani.
Due giorni fa, mentre tornava da McCallen, in Texas, dove era andato per far luce sulla condizione dei minori non accompagnati che dal Messico provano a entrare negli Stati Uniti, Jose Antonio Vargas è stato arrestato. Si stava sottoponendo ai controlli in aeroporto, diretto verso Los Angeles, quando ha esibito il passaporto filippino con il quale viaggia, privo di visto. Questa volta la polizia di frontiera lo ha trattenuto. Il fermo si è concluso dopo poche ore con il rilascio del giornalista, che durante il breve arresto ha ricevuto molti messaggi di solidarietà da parte di personaggi noti e normali cittadini, politici e attivisti, migranti regolari e irregolari.
La vicenda, però, non è ancora finita: Vargas dovrà affrontare un processo, il rischio – seppure remoto secondo i suoi avvocati – è di essere espulso dagli Stati Uniti d’America.