A un anno dalla morte del bambino, la cui foto ha fatto il giro del mondo, Save the Children lancia dalla Mostra del cinema di Venezia #IoStoConAylan, per dire basta alla morte di chi tenta di raggiungere l’Europa
È passato esattamente un anno da quando il corpo del piccolo Alan Kurdi depositato dalle onde sulle sponde dell’isola di Bodrum svelò quello che il mondo avrebbe dovuto sapere già da almeno tre anni, che cioè da quando i fondamentalisti islamici si erano appropriati della inizialmente pacifica ribellione contro Assad a scappare dalla Siria non erano più solo i poveracci ma la classe media, famiglie dotate di iPad e bambini con lo zainetto uguale a quello dei coetanei sulle spiagge di Lesbo, un popolo in fuga con cui immedesimarsi facilmente. Cosa è rimasto di quella commozione globale, degli hastag, della magliettina rossa assurta a icona del nostro senso di colpa?
A scriverlo è Francesca Paci, su La stampa (“La foto sbiadita del piccolo Alan“): la foto è sbiadita nei nostri ricordi e con essa l’emozione che l’accompagna. Eppure la situazione non è cambiata: nel 2016 quasi 1 su 3 degli oltre 272.300 migranti e rifugiati che hanno raggiunto l’Europa via mare è un bambino e oltre 3mila persone nello stesso periodo hanno perso la vita durante la traversata. Tra loro tanti bambini e adolescenti, molti dei quali costretti ad abbandonare da soli il proprio paese.
Nel 2016 il più alto tasso di mortalità
Mentre il numero di arrivi in Italia via mare risulta essenzialmente invariato rispetto al 2015, nel 2016 a crescere, purtroppo, sono state le morti: dall’inizio dell’anno, osserva Unhcr, una persona ogni 42 che hanno tentato la traversata dal Nord Africa verso le nostre coste ha perso la vita, rispetto al dato di 1 ogni 52 dello scorso anno. Un dato che classifica il 2016, fino a oggi, come l’anno col tasso di mortalità più alto mai registrato nel Mediterraneo centrale. Le probabilità di perdere la vita lungo la rotta che dalla Libia porta all’Italia sono dieci volte superiori a quelle che si corrono tentando la traversata dalla Turchia alla Grecia.
Numeri che, come scrive l’Alto commissariato delle Nazioni unite per i Rifugiati “evidenziano la necessità che gli Stati aumentino con urgenza i canali di accesso alternativi per i rifugiati, tra cui reinsediamento, programmi di sponsorizzazione privata, il ricongiungimento familiare e borse di studio per gli studenti, affinché non debbano ricorrere a queste pericolose traversate e affidarsi ai trafficanti”.
#IoStoConAylan
Così, in occasione dell’anniversario della morte del bimbo siriano di due anni la cui foto ha smosso le coscienze di tanti, arrivando persino a cambiare la narrativa dei mainstream media, Save the Children lancia l’iniziativa #IoStoConAylan e lo fa dal palco della settantatreesima Mostra del cinema di Venezia, in collaborazione con Fabrique du Cinéma.
«Save the Children chiede a gran voce che tragedie simili non si ripetano e che vengano garantite vie di accesso sicure e legali all’Europa ai bambini e alle loro famiglie, evitando che l’unica alternativa sia quella di affidarsi ai trafficanti per attraversare, a rischio della vita, il Mediterraneo», ha affermato Valerio Neri, direttore di Save the Children Italia. A sostenere l’iniziativa l’attrice Valentina Lodovini, che ha commentato definendo «inammissibile che i bambini continuino a morire in mare sotto i nostri occhi, non possiamo permetterlo».
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