Il contributo degli immigrati al sistema previdenziale. Valore aggiunto, rimesse, pensioni contributive e assistenziali: alcuni dati spiegati
A fine ottobre veniva presentato il Dossier statistico immigrazione 2016 elaborato da Idos, che fotografa la condizione degli stranieri in Italia (qui una sintesi dei dati). Il dossier è stato ripreso ieri dal quotidiano La Verità, dove leggiamo in prima pagina il titolo “Boom di pensioni sociali agli immigrati”.
Secondo quanto sostenuto dalla testata, il peso degli stranieri sul sistema previdenziale italiano sarebbe tale da invalidare la tesi degli economisti stando alla quale il contributo degli stessi è essenziale per il sostentamento del welfare. Alcune delle informazioni e dei dati presentati dal quotidiano sono, tuttavia, parziali o scorretti e portano, dunque, a una lettura fuorviante della situazione.
Valore aggiunto e rimesse
Il primo punto per “sfatare il mito dell’avanzo primario generato dagli stranieri, i quali incasserebbero molto meno di quanto costino, lasciando nelle casse dell’Inps i contributi che servono a pagare le pensioni degli italiani” è, per La Verità, quello delle rimesse, come spiegato alla testata da un docente universitario: “[…] quando si fanno questi conti ci si dimentica della rimessa che gli immigrati spediscono a casa, soldi che vengono generati in Italia, ma che poi sono spesi nei paesi d’origine dei lavoratori stranieri, con relativa sottrazione di consumi e dunque di Pil”.
Per comprendere, tuttavia, quello che La Verità definisce “mito” occorre sapere che al fine di calcolare il valore aggiunto prodotto dai 2,3 milioni di occupati immigrati (127 miliardi di euro, anche chiamati “Pil dell’immigrazione”) è considerata la produttività per addetto (ossia il valore della produzione). Le rimesse, invece, non rientrano affatto in tale calcolo, poiché rientrano nella componente dei consumi.
Per lo stesso motivo le rimesse non rientrano nemmeno nel calcolo costi/benefici, che mette a confronto i movimenti finanziari per lo Stato: da un lato la spesa pubblica per l’immigrazione (14,7 miliardi nel 2014) e dall’altro lato il gettito fiscale e contributivo dato dalla componente immigrata (16,9 miliardi nel 2014).
In ogni caso, le rimesse verso l’estero ammontano a circa 5 miliardi di euro l’anno, cifra nettamente inferiore rispetto al valore aggiunto prodotto e al gettito fiscale e contributivo.
Pensioni contributive e assistenziali
Passiamo ora alla previdenza. Su questo argomento La Verità fa riferimento diretto al Dossier dell’Idos e in particolare al capitolo “Pensioni, prestazioni assistenziali e ammortizzatori sociali erogati agli immigrati”.
Partiamo dai dati: gli occupati di origine non comunitaria sono il 7% degli occupati totali, ma registrano una incidenza maggiore nei cassa integrati (11%) e nei disoccupati (13%): questo perché i settori dove trovano maggiormente impiego sono anche quelli maggiormente in crisi. Percepiscono anche più assegni familiari (11%), perché hanno più figli.
Gli stranieri non comunitari percepiscono 39.340 pensioni contributive, ovvero lo 0,3% del totale. Quelle di tipo assistenziale sono invece 59.228, pari al 1,5% del totale.
Qui sopra, tuttavia, leggiamo: “[…] la previdenza per loro è ben più pesante: pensioni sociali al 46,9%, invalidità al 35,5%”. Da dove arrivano questi dati? Il giornale riporta le cifre in modo potenzialmente fuorviante: ossia evidenzia che sul totale delle pensioni assistenziali percepite dagli stranieri non comunitari, il 46,9% è rappresentato da pensioni sociali e il 35,5% da quelle d’invalidità.
Dati che si spiegano attraverso l’analisi dei redditi: in pratica, nel caso degli stranieri non comunitari, è maggiore il peso delle pensioni sociali sulle pensioni totali (46,9% contro il 22,3% delle totali) semplicemente perché sono più poveri, ma il valore assoluto è sempre molto basso rispetto alle pensioni totali (circa 27mila contro le oltre 800mila totali).
Una bassa incidenza
Infine, a sostegno della propria tesi, La Verità tira in ballo la crescita delle pensioni percepite dagli stranieri non comunitari nel tempo.
Tuttavia, anche ipotizzando la crescita delle pensioni dell’ultimo anno, l’incidenza rimane bassa: nel 2020 le pensioni contributive arriverebbero allo 0,4% delle pensioni totali di oggi e quelle assistenziali al 3%.