Di fronte agli attacchi di Bruxelles ci si pongono delle domande, in particolare rispetto all’Europa ed alla sue politiche, estere, interne, ed in materia d’integrazione
La Stampa ha interpellato quattro esperti in diversi settori, dall’università al tribunale, per provare a trovare delle risposte per comprendere come contrastare l’ondata di violenza.
Olivier Roy, professore di Scienze politiche e orientalista: «Bisogna poi ridurre l’attrazione che l’Isis esercita sui ragazzi minandone il prestigio combattendolo, utilizzando chi torna indietro deluso e sottraendo agli jihadisti il monopolio dell’Islam sviluppandone il lato più spirituale»
Mordechai Kedar, docente di Letteratura araba: «Prima di tutto la mancanza di cooperazione e di dialogo tra le intelligence di alcuni Paesi, questo ha creato problemi pratici sui riscontri più semplici. Pensiamo ai tanti modi in cui viene scritto il nome Muhammad, non solo da un Paese all’altro, ma da un ufficio all’altro, questo non fa altro che rendere iniqui indagini e controlli, anche sui documenti più immediati. Occorre omogeneità in strutture e processi».
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