Traduciamo e pubblichiamo l’articolo scritto da Mawuna Remarque Koutonin, redattore di SiliconAfrica.com, per il Guardian. Una riflessione interessante sul diverso uso dei termini “espatriato” e “immigrato”, su basi razziali. L’originale è a questo link.
Nel lessico della migrazione umana compaiono ancora termini gerarchici, creati con il proposito di porre le persone bianche sopra agli altri. Uno di questi residui è la parola “espatriato“.
Cos’è un espatriato? E chi è un espatriato? Secondo Wikipedia, “un espatriato è una persona che risiede temporaneamente o permanentemente in un paese diverso da quello dove è cresciuto. La parola deriva dall’unione dei termini latini ex (fuori da) e patria”.
Definendolo in questo modo, ci si dovrebbe aspettare che ogni persona andata a lavorare all’estero per un certo periodo fosse un espatriato, a prescindere dal colore della pelle o dal paese d’origine. Ma non è così nella realtà: “espatriato” è un termine riservato esclusivamente agli occidentali bianchi.
Gli africani sono immigrati. Gli arabi sono immigrati. Gli asiatici sono immigrati. Gli europei, invece, sono espatriati, perché non possono essere allo stesso livello delle altre etnie. Sono superiori. “Immigrati” è un termine creato a parte per le “razze inferiori”.
Non date le mie parole per certe. Il Wall Street Journal, il giornale finanziario più importante al mondo, ha un blog dedicato alla vita degli espatriati e di recente ha pubblicato una storia: «A ogni modo, chi è un espatriato?». Ecco qui le principali conclusioni: «Alcuni sono descritti come espatriati, altri come immigrati; altri semplicemente come migranti. Dipende dalla classe sociale, dal paese d’origini e dallo status economico. È strano, a Hong Kong, sentire definire alcune persone “espatriati”, ma non altre. Chiunque abbia radici in un paese occidentale è considerato un espatriato. Gli aiutanti domestici filippini sono solo ospiti, anche se sono qui da decenni. I cinesi continentali di lingua mandarina raramente sono visti come “espatriati”. È un doppio standard che si è insinuato nella prassi».
La realtà è la stessa in Africa e in Europa. I migliori professionisti africani andati a lavorare in Europa non sono considerati espatriati. Sono immigrati. Punto. «Lavoro per organizzazioni multinazionali sia nel settore privato che pubblico. Essere nero o “coloured” non mi fa guadagnare la definizione di “espatriato”. Sono un immigrato altamente qualificato, come mi chiamano, per essere politicamente corretti», afferma un migrante africano.
La maggior parte dei bianchi nega di godere dei privilegi di un sistema razzista. E perché no? Ma la nostra responsabilità è di farlo emergere e di negare loro questi privilegi, legati direttamente a una superata ideologia basata sulla supremazia di una razza. Se vedete questi “espatriati” in Africa, chiamateli immigrati come chiunque altro. Se questo ferisce la loro superiorità è un loro problema. La decostruzione politica di questa visione del mondo deve continuare.
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