di Società Italiana di Medicina delle Migrazioni
La Società Italiana di Medicina delle Migrazioni è attiva da 28 anni, durante i quali numerosi allarmi sono stati lanciati periodicamente riguardo il ruolo degli immigrati nella trasmissione delle malattie infettive.
Malattie di cui si era annunciata un’epidemia sono state oggetto di maggiore stigma sociale e di conseguenza quelle che più hanno generato panico a livello sociale: HIV/AIDS, altre malattie sessualmente trasmissibili, tubercolosi…
Fortunatamente, a fronte di questi allarmi, non ci sono mai state epidemie a causa degli immigrati in Italia. Ovviamente, ci sono patologie – endemiche in Italia come in altri Paesi europei – che devono essere prevenute, controllate e trattate secondo le migliori competenze scientifiche. Soltanto quest’anno, attraverso la collaborazione tra la nostra società scientifica, l’Istituto Nazionale salute, Migrazioni e Povertà e l’Istituto nazionale della salute, sono state redatte delle linee guida, specificamente dedicate al controllo della tubercolosi tra gli immigranti.
Quindi, per tutti gli operatori, sono disponibili delle raccomandazioni basate su evidenze scientifiche, che noi ci siamo presi l’impegno di diffondere e per le quali stiamo organizzando diversi corsi di formazione.
Va inoltre specificato che il sistema sanitario pubblico italiano – e le regole di assistenza agli immigrati, sia quelli regolari che non – è competente e capace di gestire ogni situazione che riguardi la salute pubblica. Non è dunque opportuno generare allarme ingiustificato senza delle specifiche basi scientifiche.
Precisamente, nell’introduzione alle Linee Guida, è scritto che “Per quanto riguarda l’Italia, nel 2016 sono stati riportati 4.032 casi di tubercolosi, con una media di 6,6 per ogni 100.000 abitanti, in riduzione in confronto agli ultimi dieci anni (8,1 per ogni 100.000 abitanti nel 2006). I dati relativi al 2017 del ministero della Salute italiano, mostrano che, a partire dal 2009, la percentuale di nuovi casi di tubercolosi riguardanti i cittadini nati all’estero superava quella dei cittadini nati in Italia, salendo dal 47% nel 2006, al 56% nel 2016. Ad ogni modo, se questi casi vengono rapportati all’aumento della popolazione straniera in Italia – che è più che raddoppiata negli ultimi dieci anni – allora vi è un calo nel riscontro della tubercolosi, con la frequenza dimezzata: da 84,1 casi per ogni 100.000 residenti stranieri nel 2006, a 44,5 casi per ogni 100.000 nel 2016. Questi dati confermano che il rischio di incontrare questa malattia si sta riducendo anche all’interno di questa popolazione”.
* Tradotto dall’intervista rilasciata da Maurizio Marceca della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni a Euronews.
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