I media utilizzano ancora in modo stigmatizzante il velo. Tuttavia, portarlo è un diritto garantito dalla Costituzione e richiedere il capo scoperto nei documenti è illegittimo
A cura di Asgi
Lettera di ASGI ai Ministeri dell’Interno e dei Trasporti a seguito di casi segnalati dal Monitoraggio Anti Islamofobia (MAI) di mancato rilascio dei documenti d’identità per assenza di foto a capo scoperto.
Nonostante da anni diverse circolari chiariscano che è possibile indossare il velo sulle foto per i documenti di identità – da ultimo la circolare emanata il 20 ottobre 2016 dal Ministero dei Trasporti, sono numerose le segnalazioni ricevute da ASGI di casi di opposizione alla richiesta ed al rilascio di documenti quali carte d’identità, passaporti, patenti e permessi di soggiorno, a causa di foto che ritraggono le donne con capo coperto dal c.d. velo islamico (il “hijab” indossato dalle donne di religione musulmana).
Eppure il quadro giuridico è chiaro
Il Ministero dell’Interno, Direzione generale dell’amministrazione civile, era già intervenuto sulla questione con circolare n. 4 del 15.3.1995 così:
“Ciò premesso questo Ministero è dell’avviso che nei casi in cui la copertura del capo in vari modi: velo, turbante o altro, è imposta da motivi religiosi, la stessa non può essere equiparata all’uso del cappello, ricadendo così nel divieto posto dall’articolo 289 del regolamento del t.u.l.p.s.
Invero la cennata disposizione regolamentare non parla di capo scoperto ma bensì fa riferimento al cappello cioè ad un accessorio dell’abbigliamento il cui uso è eventuale e che, per le sue caratteristiche, potrebbe alterare la fisionomia di chi viene ritratto.
Diverso è invece il caso in esame ove il turbante ovvero il velo delle religiose, sono parte degli indumenti abitualmente portati e che concorrono nel loro insieme a identificare chi li porta.
Ciò premesso si ritiene opportuno, anche alla luce di possibili richiami al precetto costituzionale della libertà di culto e di religione, che le richieste in argomento debbano trovare favorevole accoglimento presso le amministrazioni comunali, purché i tratti del viso siano ben visibili”.
Il Ministero dell’Interno lo aveva ribadito nella circolare del 24 luglio 2000, n. 300 ricordando che la copertura del capo dovuta a motivi religiosi (velo, turbante o altro) non ricade sotto la detta norma regolamentare, poiché
“il chador o anche il velo, come nel caso delle religiose, sono parte integrante degli indumenti abituali e concorrono, nel loro insieme, ad identificare chi li indossa, naturalmente purché mantenga il volto scoperto. Sono quindi ammesse, anche in base alla norma costituzionale che tutela la libertà di culto e di religione, le fotografie da inserire nei documenti di identità in cui la persona è ritratta con il capo coperto da indumenti indossati purché, ad ogni modo, i tratti del viso siano ben visibili”.
Lo ripete nuovamente ora la circolare del Ministero delle infrastrutture e Trasporti relativa alle fototessere da accettare per le patenti di guida (anch’esse un documento d’identità), che afferma la mancanza di obbligo di produzione di fototessera senza velo islamico per le donne di religione musulmana.
La lettera dell’ASGI ai Ministeri
In una lettera inviata ai Ministeri dei Trasporti e dell’interno in data 6 dicembre 2016 l’ASGI ha inviato le segnalazioni ricevute dal MAI alle due Autorità sottolineando come il diritto di indossare il velo nelle fototessere costituisca un diritto garantito dagli artt. 19 e 21 Cost. che rispettivamente tutelano la libertà di religione e la libertà di pensiero.
L’Associazione ha quindi richiesto, in applicazione di tali principi e delle circolari ministeriali sopra citate, che vengano posti in essere atti e provvedimenti idonei a evitare che in futuro avvengano ulteriori illegittimi rifiuti nel rilascio dei documenti d’identità quali carta d’identità, passaporto, permesso di soggiorno, patente di guida o altri documenti identificativi, da parte delle amministrazioni competenti.
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