Di Federica Araco
Si può parlare di “arte romanì”? Se sì, quali sono i suoi elementi distintivi? Quali sono i principali ambiti di espressione e autori di riferimento? Quali modelli culturali ne emergono? Può la creazione artistica essere uno strumento di emancipazione e affrancamento dall’esclusione sociale e dall’emarginazione che molti gruppi romanès subiscono da generazioni nei diversi Paesi di transito e insediamento? Con interviste, testimonianze, analisi e approfondimenti di creatori rom, sinti, gitani, manouches, romanichels, zigani e ricercatori babelmed propone in questo terzo e ultimo ciclo di inchiesta del progetto “R.O.M. Rights of Minorities” un viaggio nelle produzioni artistiche e culturali in Italia, Francia, Spagna e Turchia.
Seppur presenti sul territorio da circa seicento anni, i rom continuano a vivere in condizioni di forte marginalità ed esclusione sociale e questo ostacola la loro partecipazione alla vita politica e culturale del Paese.
La conoscenza di quel complesso “mondo di mondi”, a livello linguistico, storico, antropologico e artistico, è generalmente piuttosto limitata e lacunosa. Inoltre, i pochi studi disponibili, quasi unicamente realizzati da non rom, contribuiscono a rafforzare stereotipi e pregiudizi poiché, denunciando l’estremo disagio socioeconomico che tuttora colpisce molte persone, rischiano di farlo apparire come rappresentativo dell’intera comunità.
Ma esiste un’”arte rom”? Se sì, quali sono i suoi elementi distintivi? Quali i suoi principali ambiti di espressione e autori di riferimento? Quali modelli culturali ne emergono?Può la creazione artistica essere uno strumento di affrancamento dall’esclusione sociale e dall’emarginazione che in molti ancora subiscono ovunque nel mondo?
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“I gitani suonano e i curdi ballano”. Questo proverbio turco riassume sinteticamente l’emarginazione e i pregiudizi diffusi nei confronti delle minoranze presenti nel Paese. L’immagine più diffusa dei rom e della loro cultura li dipinge, infatti, come persone che cantano, ballano e non prendono nulla seriamente; e questa idea è spesso rafforzata dai mass media. Ma quali sono gli elementi che contraddistinguono la cultura romanì? E, innanzitutto, è possibile parlarne in termini universali, come se ne esistesse una omnicomprensiva?
“Ho iniziato a suonare con accanto una birra sempre fresca e una chitarra scordata. Ero un ragazzino ma già sapevo che il ‘ventilador’ poteva salvare qualsiasi accordo”. Mentre parla in un baretto del Barrio Gotico di Barcellona, Tete el Gitano[1] ha già carburato. Dopo una serie di chupitos, si è fatto allungare dal bancone l’intera bottiglia di tequila che “serve a rendere più lieve il racconto”.
Situato alla fine di un corso grazioso del XIX arrondissement di Parigi, a due passi dal canale de l’Ourcq, la Médiathèque Mateo Maximoff è un posto gradevole. Evelyne Pommerat vi accoglie con una disponibilità e un’attenzione preziose. Da una ventina d’anni, questa documentalista esperta guida le persone – studenti, ricercatori, associazioni – attraverso cinquemila opere e un archivio audiovisivo dedicati agli zigani e alle Genti del Viaggio. Creato nel 1949, questo spazio depositario di memoria è anche una finestra aperta sul presente con una programmazione culturale vivace ideata dalla «padrona di casa ».
Voce calda, spensierata, gentilezza spontanea… Gabi Jimez accetta alla prima telefonata l’idea di un’incontro. Prendiamo un appuntamento. Skype, che padroneggia rapidamente grazie alle sue figlie, permettendo di superare così la lontananza geografica. Meraviglia della tecnologia, benché sia dall’altro lato delle Alpi, eccomi di colpo nella casa dell’artista, a qualche cinquantina di chilometri da Parigi, nel Parc du Vexin (Val d’Oise). Un giro nel soggiorno, in giardino, nell’atelier; poi una piccola ballata tra i moltissimi oggetti recuperati.
Pylos e il silenzio dell’informazione
A Lampedusa c’è la tomba di una giovane donna di nome Ester. Aveva 18 anni e veniva dalla Nigeria. Era incinta ed è morta di stenti su un barcone carico di migranti rimasto in balia delle onde per giorni
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