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Nei primi quattro mesi del 2016 la rassegna stampa tematica di Carta di Roma sull’immigrazione ha contato 6655 articoli – +22,15% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso e +62% rispetto allo stesso quadrimestre del 2014 – con una media di 55 pubblicazioni al giorno. Un aumento che se confermato nel tempo rifletterebbe la tendenza già rilevata nel 2015 nel nostro rapporto annuale, che vedeva il tema dell’immigrazione molto più presente sui quotidiani e sui tg prime time in confronto al passato.
Le notizie di cronaca e sugli sviluppi delle politiche dell’immigrazione sono le più trattate.
Da gennaio ad aprile sulla carta stampata il maggior numero di articoli riguardanti l’immigrazione rientra sotto le categorie “Cronaca” (2077, +22% rispetto al 2015) e “Politiche dell’immigrazione” (2276, +73% rispetto al 2015). A essere protagonisti sono, quindi, i fatti di cronaca – intesa in senso ampio, non solo cronaca nera – che vedono per protagonisti migranti e minoranze e gli sviluppi delle politiche europee in materia di immigrazione. Rientra in queste categorie anche la trattazione di alcuni tra gli episodi più significativi del quadrimestre: le aggressioni di Colonia (31 dicembre-1 gennaio), gli attentati di Bruxelles (22 marzo), l’accordo Ue-Turchia (22 marzo) e l’annunciata chiusura-apertura del Brennero (marzo-aprile).
Rispetto al 2015 risultano notevolmente ridotte le categorie “Sbarchi”, “Salute” e “Razzismo”.
In forte aumento le notizie sulle politiche dell’immigrazione. Riduzione notevole invece per quelle su sbarchi, salute e razzismo.
Nel caso degli “Sbarchi” si è passati dai 279 articoli raccolti nel primo quadrimestre del 2015 a soli 115 nel 2016. Il decremento è comprensibile se si osserva come nel 2015 l’attenzione dei media sia stata focalizzata sulla rotta Libia-Europa fino al mese di agosto, per poi essere spostata sull’asse balcanico; i maggiori picchi di attenzione del quadrimestre erano stati inoltre registrati a febbraio, in corrispondenza di un flusso di arrivi considerato particolarmente intenso per la stagione invernale e ad aprile, per la ripresa delle operazioni di ricerca e soccorso a ritmo sostenuto e poi per il naufragio avvenuto nella notte a cavallo tra il 18 e il 19 aprile, in cui in centinaia persero la vita. Nel 2016, con la rotta balcanica e le possibili conseguenze della sua chiusura ancora sotto i riflettori, le notizie della categoria si limitano a una cronaca degli eventi di sbarco che appare “normalizzata” e standardizzata nei toni, con alcune eccezioni che saranno esaminate più avanti.
A essere ridimensionata è anche la categoria “Salute”, che oltre a contare un numero inferiore di articoli (dai 46 del 2015 ai 25 del 2016) appare diversa anche rispetto alla tipologia di contenuti. Se la primavera del 2015 era stata caratterizzata dall’“allarme scabbia”, complice l’elevata attenzione della stampa per i rifugiati in transito, nel primo quadrimestre di quest’anno gli allarmismi sanitari legati all’arrivo e alla presenza di migranti e rifugiati non hanno ancora fatto una significativa apparizione sulle pagine dei quotidiani. A essere raccontati sono, infatti, le criticità del sistema sanitario e le iniziative rivolte ai migranti. Emerge il tema della salute psichica dei rifugiati, prima d’ora quasi del tutto assente.
Con lo spostamento dell’attenzione sulla rotta balcanica e sulla sua chiusura, gli sbarchi sono meno trattati rispetto al passato. Il grafico mostra l’andamento delle notizie relative agli sbarchi nel primo quadrimestre 2015 e 2016.
Infine, terza e ultima categoria notevolmente ridotta è quella del “Razzismo”, che è passata da 165 articoli nel 2015 a 49 nel 2016. Nel 2015 la categoria è stata ampiamente alimentata dagli sviluppi legati agli insulti razzisti rivolti da Calderoli a Kyenge, dagli episodi di violenza nei confronti di cittadini di origine afroamericana negli Stati Uniti, dai discorsi d’odio online diffusi dai politici italiani. Da gennaio a fine aprile, invece, trovano spazio nella categoria “Razzismo” episodi sparsi: casi di razzismo sui campi di calcio, fatti di cronaca che non hanno alimentato un ulteriore dibattito nel medio e lungo periodo, la crescita della xenofobia. Di hate speech, nel 2016, si parla in modo trasversale all’interno di diverse categorie, forse a indicare il passaggio del dibattito a un livello successivo, ormai più radicato.
Tra le principali criticità individuate nel quadrimestre, relativamente alla completezza e accuratezza dell’informazione, vi sono quelle della diffusione superficiale di incrementi relativi agli arrivi e delle speculazioni sulle rotte che andrebbero a sostituire quella balcanica in seguito all’entrata in vigore dell’accordo Ue-Turchia, che prevede il respingimento in Turchia dei migranti e rifugiati giunti in Grecia.
In particolare, nel mese di marzo i dati relativi agli arrivi via mare si dimostrano più di una volta effimeri in questo primo quadrimestre. Il caso più emblematico si verifica a fine marzo, quando in seguito ad alcune operazioni di salvataggio consecutive, molte testate titolano che vi è un incremento dell’80% rispetto all’anno passato, ricorrendo a toni allarmistici. Incremento che, seppure reale nel momento in cui è diffuso, nel giro di pochi giorni, con l’arresto delle partenze della Libia a causa del maltempo, appare subito notevolmente ridotto.
Con la chiusura della rotta balcanica, inoltre, in più occasioni si verifica il tentativo forzato di individuare il percorso che la andrà a sostituire sulla base dei paesi di partenza delle imbarcazioni che trasportano i migranti e i rifugiati. Così, dopo una singola partenza dall’Egitto tutt’altro che eccezionale, per esempio, molte testate sono portate a parlare di “nuova rotta” che assorbirà quanti decideranno di non dirigersi più in Grecia, nonostante le nazionalità di coloro che sono a bordo di tali imbarcazioni dimostrino la mancanza di correlazione. Accade lo stesso con la Turchia e, nel mese di maggio, con l’Albania.
Tra le violazioni più diffuse della Carta di Roma continuano a persistere quelle relative alla terminologia. Quanto è stato diffuso l’uso di termini quali “invasione”, “allarme”, “clandestino”? Che si tratti di vocaboli tratti dal gergo bellico o di parole giuridicamente inappropriate, tali termino continuano a essere presenti, riflettendo frequentemente la posizione di chiusura della testata.
Incontriamo 612 volte la parola “allarme” (+24% rispetto al 2015), 289 “invasione” (+49% rispetto al 2015), 476 “clandestini” (-5% rispetto al 2015). L'”allarme”, così come il “boom” riguarda gli arrivi, la criminalità, la presenza di musulmani.
Google Trends conferma, anche da parte dei lettori, un ricorso meno frequente al termine di ricerca “clandestini” rispetto al 2015; rispetto a “clandestini” risultano più utilizzati “immigrati”, “migranti” e “profughi”, seguiti da “rifugiati”.
Il termine di ricerca più usato su Google tra i cinque indicati è “immigrati”. Leggi come: “migranti”-blu, “clandestini”-rosso, “profughi”-giallo, “rifugiati”-verde, “immigrati”-viola.
Tendenza che riflette in parte il linguaggio usato nel racconto mediatico: il vocabolo più utilizzato sui quotidiani analizzati è “migranti” (3707 volte), seguito da “profughi” (3028), “rifugiati” (2192), “immigrati” (1388 volte) e infine “clandestini”.
Con l’attacco a Charlie Hebdo il 7 gennaio 2015, le aggressioni di Colonia la notte di Capodanno e gli attentati di Bruxelles il 22 marzo 2016, nei quadrimestri di entrambi gli anni l’islam è protagonista di numerosi articoli. Nel 2016 sono 377 le notizie in cui si fa riferimento esplicito all’islam (un dato che non si discosta molto da quello 2015); 36 volte si usa questo termine nel titolo. Nel 25% dei casi il racconto si rivela palesemente in chiave negativa fin dal titolo.
Al centro del racconto mediatico l’ipotetica presenza di terroristi di matrice jihadista sul territorio italiano, lo “scontro tra civiltà” e il dibattito intorno all’apertura di nuove moschee.
Da segnalare i numerosi articoli che offrono una narrativa alternativa a quella della paura: storie di integrazione, approfondimenti e analisi che forniscono fatti e dati smontando stereotipi e pregiudizi.
Tutti i dati contenuti nell’articolo, così come quelli dei grafici, fanno riferimento al primo quadrimestre 2015 e al primo quadrimestre 2016.
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