A cura di Alberto Baldazzi, Osservatorio Tg
Nella settimana caratterizzata dagli ultimi fuochi – per altro assai fatui – della campagna per le amministrative, ma anche dalle commemorazioni per i 70 anni della Repubblica, nell’informazione mainstream si è imposto ancora una volta il dramma dei profughi con i bilanci di morti e dispersi nel Mediterraneo orientale e nel Canale di Sicilia. L’attenzione delle testate televisive è stata ampia e trasversale, e non sarebbe stato possibile il contrario dato l’impatto delle immagini dei barconi rovesciati e dei corpi sulle spiagge libiche.
Anche la risposta delle istituzioni è stata ampiamente riportata, senza le forti differenziazioni e polemiche che hanno caratterizzato la precedente stagione della comunicazione. Ancora una volta, come nelle scorse settimane, il sostantivo più utilizzato è “orgoglio”. Orgoglio per l’indefesso lavoro degli uomini e delle donne della Marina e dei volontari che strappano ad una morte certa migliaia di profughi, nella consapevolezza che comunque tantissime sono i disperati che non si riesce a salvare.
Venerdì le parole del Presidente Mattarella, presente a Lampedusa per l’inaugurazione del Museo della Fiducia e del Dialogo, hanno riassunto perfettamente la sensibilità oramai diffusa che plaude all’opera di soccorso ed accoglienza, lamentando al contempo la solitudine in cui è lasciato il Paese da un’Europa divisa e improvvida. Fuori del coro solo poche posizioni consolidate come quella della Lega che anche nella campagna per le amministrative ha sbandierato lo spauracchio dell’ “invasione”: posizioni correttamente riprese dai Tg, ma senza alcuna reale sponsorizzazione. I numeri degli sbarchi dell’ultima settimana pongono, comunque, il problema di un’emergenza che non è più tale e che va affrontata con strumenti e visione di medio-lungo periodo.
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