Un articolo di Nello Scavo su Avvenire
Il nuovo rapporto Onu sulla Libia è un continuo atto d’accusa. Con il segretario generale Antonio Guterres che denuncia «le continue restrizioni all’accesso umanitario e al monitoraggio da parte delle agenzie umanitarie nella Libia occidentale».Nessuna pietà neanche per i bambini. «Il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia ha riferito che i bambini – scrive Guterres nel suo ultimo dossier (Unsmil) – hanno continuato a essere detenuti arbitrariamente nei centri di detenzione a Tripoli e dintorni, senza accesso alla protezione di base e ai servizi sanitari e senza ricorso all’assistenza legale o al giusto processo, e spesso sono stati detenuti con gli adulti».
Quasi non c’è più alcuna distinzione tra uomini in uniforme e trafficanti. «Le donne migranti e rifugiate hanno continuato ad affrontare un rischio elevato di stupro, molestie sessuali e traffico da parte di gruppi armati, contrabbandieri e trafficanti transnazionali, nonché funzionari della Direzione per la lotta all’immigrazione illegale sotto il ministero dell’Interno».
I continui divieti alle agenzie Onu, a cui è impedito di ispezionare i campi di prigionia, sono motivati dalla volontà di nascondere i fatti. «A giugno, l’Unsmil ha documentato ripetuti episodi di violenza sessuale perpetrati – si legge ancora – contro cinque ragazze somale di età compresa tra i 16 e i 18 anni». Abusi avvenuti in strutture ufficiali da parte di agenti e militari libici.
Alla data del 14 agosto, la guardia costiera libica aveva intercettato e riportato nel Paese 22.045 migranti e rifugiati, con 380 morti confermati e 629 persone considerate disperse. «Ma l’aumento del numero di migranti e rifugiati rimpatriati ha portato a un maggior numero di persone detenute arbitrariamente nei centri di detenzione ufficiali della Direzione per la lotta all’immigrazione clandestina, senza un controllo giudiziario e sottoposte a trattamenti e condizioni disumane», insiste Guterres. Ad attenderli non c’è alcun tentativo di impedire i crimini, ma «tortura, violenza estrema, abusi sessuali e accesso limitato a cibo, acqua, servizi igienici e cure mediche, in alcuni casi con conseguente morte o lesioni». All’inizio di agosto i prigionieri erano 5.826 migranti, contro i 1.076 dichiarati a gennaio.
Per le milizie l’approvvigionamento di esseri umani è essenziale per far pesare la propria presenza sia ai tavoli interni che nei negoziati con l’Ue a colpi di barconi. Ancora una volta è il clan di Zawyah a fare scuola, dove gli uomini del comandante Bija e dei fratelli Kachlav non perdono occasione per rilanciare la sfida.
E mentre per le strade si torna a combattere, tra faide e regolamenti di conti come quelli avvenuti ancora una volta ieri proprio a Zawyah, viene fomentato l’odio. «Durante il periodo di riferimento, Unsmil ha documentato – riferisce ancora Guterres nel dossier inviato al Consiglio di sicurezza – un aumento delle dichiarazioni pubbliche contro i migranti e contro i rifugiati oltre a incidenti xenofobi contro gli stranieri». È bastato che un certo numeri di lavoratori subasahariani protestasse contro l’impunità garantita agli xenofobi, perché scoppiassero dei disordini. «Centinaia di uomini, donne e bambini sono stati arrestati e portati in una struttura di detenzione a Zawiyah gestita dalla Direzione per la lotta all’immigrazione illegale». Si tratta proprio del campo di prigionia statale gestito dalla clan di Bija. Notizie compatibili con l’aumento delle partenze da quelle coste.
Immagine in evidenza di Ansa/Zuhair Abusrewil
Su Redattore Sociale
Vaccinati ma senza green pass: gli immigrati senza permesso di soggiorno non riescono per ora a scaricare dal sito del Ministero della Salute la certificazione. Il sistema informatico, al quale si accede con il link che ogni vaccinato riceve tramite sms o via mail, non riconosce l’Stp, ossia il codice per gli Stranieri Temporaneamente Presenti, che viene dato agli irregolari per accedere alle prestazioni sanitarie. Per scaricare il green pass bisogna infatti inserire le ultime quattro cifre della tessera sanitaria, ma se si inseriscono quelle dell’Stp non vengono accettate.
“Non è un problema di poco conto – spiega Maurizio Bove, responsabile del dipartimento immigrazione della Cisl di Milano -. Il green pass non serve solo per andare al cinema o al ristorante, ma anche per accedere a servizi della pubblica amministrazione, per prendere un treno. Non dimentichiamoci che molti stranieri irregolari lavorano, anche se purtroppo in nero, e sono parte integrante della nostra società. Alcuni vivono in questa condizione perché magari hanno perso un lavoro in regola”.
In Lombardia la vaccinazione anticovid-19 è aperta realmente a tutti dal 25 giugno, quando la piattaforma regionale on line per prenotare il vaccino è stata modificata per accettare anche le richieste di chi non ha la tessera sanitaria ma solo il codice Stp. Un passo importante, auspicato per mesi da associazioni ed enti del terzo settore che si occupano di immigrazione e di senza dimora. Ora però c’è l’ostacolo del green pass, nel quale si stanno imbattendo anche gli operatori della Casa della Carità e di Progetto Arca.
Su ASGI
Lo afferma la Corte di Giustizia dell’Unione europea in una sentenza con la quale ha dichiarato illegittima l’esclusione dei cittadini stranieri privi di permesso di lungo periodo dal bonus bebè, istituito nel 2015, e dalla indennità di maternità per le madri disoccupate.
Secondo la Corte tale esclusione è in contrasto con l’art. 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione e con la direttiva 2011/98 che riconosce il diritto alla sicurezza sociale a tutti gli stranieri con un permesso di soggiorno anche breve purché consenta di lavorare.
Giunge così al termine un lungo contenzioso nel quale ASGI, tramite i suoi legali, si è impegnata in questi anni in tutti i tribunali d’Italia, dopo aver ripetutamente e inutilmente segnalato la necessità di intervenire sulle norme ora censurate dalla Corte.
“La sentenza conferma che il diritto dell’Unione può dare un contributo importante alla affermazione dei principi di uguaglianza – commenta l’avv. Alberto Guariso di ASGI, che ha assistito i ricorrenti davanti alla Corte – ma spiace constatare che per molti anni la metà delle mamme e delle famiglie straniere sono state illegittimamente escluse – per ragioni puramente ideologiche – da importanti prestazioni di sostegno che avrebbero garantito un maggiore integrazione sociale, con beneficio non solo per gli stranieri ma per l’intera collettività”.
Ora l’INPS dovrà versare le prestazioni a tutti gli stranieri che avevano fatto domanda e se l’erano vista respingere.
Alcuni dei nove casi giunti all’attenzione della Corte erano stati segnalati da altri enti e associazioni come la CGIL di Brescia e Bergamo e l’INAS-CISL di Milano.
Da gennaio prossimo, poi, le due prestazioni saranno assorbite dall’assegno unico che non presenta più la limitazione oggi dichiarata illegittima, ma che ancora non prevede una chiara estensione a tutti gli stranieri destinatari della direttiva 2011/98, rischiando di innescare nuove incertezze e nuovi contenziosi. Nel frattempo rimangono nel nostro ordinamento altre prestazioni, come il bonus asili nido, ancora riservate ai soli lungosoggiornanti, alle quali il Parlamento italiano dovrà ora mettere urgentemente mano per evitare ulteriori condanne da parte della Corte di Giustizia dell’Unione europea.
Su Centro Astalli
Il Consiglio Affari Interni dell’UE dedicato alla crisi in Afghanistan si conclude come l’ennesima occasione mancata di dare priorità a dignità e diritti, di scegliere la via della solidarietà nei confronti di scappa da guerra e persecuzione.
P. Camillo Ripamonti, presidente Centro Astalli, sottolinea: “In un tragico gioco degli specchi cui siamo costretti ad assistere da anni, l’Europa si continua a definire in pericolo, sotto attacco e in situazione di perenne emergenza, ritenendo di dover proteggere se stessa da uomini e donne disperati in fuga da guerre e crisi umanitarie“.
Il Centro Astalli spinto dagli esiti deludenti del meeting europeo di ieri non cessa di chiedere:
– la fine di accordi di esternalizzazione, proposti anche per gestire la crisi afgana: il fallimento degli ultimi anni, il costo in termini di vite umane e la condizione di ricattabilità in cui ci si va a porre li rendono da ogni punto di vista inadeguati e deprecabili;
– l’apertura di vie di ingresso legali per i richiedenti protezione internazionale dall’Afghanistan e dalle aree di crisi del Mediterraneo;
– programmi di accoglienza e integrazione per quote significative di rifugiati da gestire con meccanismi di corresponsabilità e ripartizione tra tutti gli Stati UE;
– un cambio radicale in politica estera che consenta di mettere al centro la pace e la sicurezza da perseguire con tutti gli strumenti della diplomazia e del dialogo.
Foto in evidenza di Centro Astalli
Di Francesco Bechis su Formiche
A fine giornata c’è il compromesso, e non era scontato. Ma nel comunicato finale manca una parola chiave: solidarietà. Il Consiglio Affari interni straordinario dell’Ue sull’Afghanistan si chiude senza grandi battaglie.
La nota conclusiva si apre con una premessa: a dispetto dell’ultimatum dei talebani, l’evacuazione da Kabul continua: “È in corso un lavoro intenso per identificare soluzioni mirate per i casi specifici rimasti di persone a rischio in Afghanistan”.
Cittadini europei, collaboratori afgani delle forze armate dell’intelligence, o semplicemente persone che rischiano la propria vita. Come le 82 studentesse afgane dell’università de La Sapienza che, ha confermato oggi il ministro della Difesa Lorenzo Guerini al Copasir, il governo italiano cercherà di strappare alle ritorsioni dell’Emirato islamico.
Poi i due grandi nodi, sciolti solo a metà. Il primo: l’accoglienza. Sullo sfondo del Consiglio aleggia lo spettro del 2015, quando una ciclopica ondata di migranti dalla Siria ha trovato impreparata l’Europa e causato un’ecatombe nel Mediterraneo.
Il comunicato dei Paesi Ue non sposa il motto “aiutiamoli a casa loro”, ma ci si avvicina molto. L’Ue vuole aiutare i rifugiati afgani “vicino” a casa loro: Pakistan, Tagikistan, Kirghizistan, Iran, ovunque riescano a trovare riparo. “L’Ue si coordinerà e rafforzerà il suo supporto ai Paesi terzi, in particolare a quelli confinanti e di transito, che ospitano un largo numero di migranti e rifugiati, per rinforzare le loro capacità di offrire protezione, condizioni di accoglienza dignitose e sicure, e uno stile di vita sostenibile per rifugiati e comunità accolte”.
È questa la via di mezzo che ha permesso l’accordo con quei Paesi dell’Europa centro-orientale, su tutti Austria, Lituania e Polonia, che hanno alzato le barricate sull’accoglienza dei rifugiati, complice la pressione elettorale interna. Di qui il passaggio successivo: “L’Ue coopererà con questi Paesi per prevenire l’immigrazione illegale dalla regione, rafforzare la gestione dei confini e impedire il traffico di migranti ed esseri umani”.
L’azione “coordinata e ordinata” dell’Unione ai nuovi flussi migratori si costruirà su tre punti. Controllo delle frontiere con Frontex, aiuti ai Paesi confinanti e “campagne mirate di informazione” per combattere “le narrative usate dai trafficanti”. Oltre ovviamente a controlli serrati dell’Europol per evitare che nella marea di rifugiati si celino terroristi pronti a colpire in Europa. Poi il secondo nodo: gli aiuti finanziari.
La linea di fondo è semplice: i fondi Ue per il sostegno degli afgani non dovranno finire in mano ai talebani. Saranno destinati all’Onu e alle sue agenzie: una garanzia in più per assicurare che i militanti a Kabul non impediscano il loro lavoro umanitario sul campo. Solo così, si legge nella nota, l’Ue potrà “garantire che l’aiuto umanitario raggiunga le popolazioni vulnerabili, in particolare donne e bambini, in Afghanistan e nei Paesi limitrofi”.
Sulla carta l’intesa c’è. E nero su bianco è scritto, con buona pace dei Paesi membri barricadieri, che gli afgani oggi sono “asylum seekers”, rifugiati. Ora inizia la parte più difficile.
Scaduto il termine fissato per l’evacuazione, e partito l’ultimo aereo statunitense, l’aeroporto Hamid Karzai è in mano ai talebani e, ammonisce il Pentagono, attualmente non c’è supporto per aerei in entrata e in uscita da Kabul. A questo punto la palla passa agli Stati membri, che dovranno negoziare singolarmente con i militanti afgani la possibilità di proseguire l’espatrio di connazionali e persone a rischio. C’è chi, come la Germania, ha già attivato i canali. Così hanno fatto anche gli Stati Uniti: secondo la Cnn l’esercito americano ha negoziato un accordo con i talebani per “scortare” all’aeroporto gli americani rimasti sul campo.
Su UNHCR
Adam ha 16 anni e il suo sogno è diventare un medico. È nato in un campo rifugiati in Darfur. A 11 anni è fuggito da solo dal Sudan verso la Libia e da allora ha perso i contatti con la sua famiglia. Da due anni vive in un campo per rifugiati in Niger, tra i Paesi più poveri al mondo, dove non ha alcuna opportunità. Grazie all’impegno dimostrato nelle attività educative disponibili al campo, Adam è stato selezionato per partecipare al progetto “PAGELLA IN TASCA – Canali di studio per minori rifugiati”, e si prepara a partire nel mese di settembre per l’Italia, dove sarà accolto da una famiglia affidataria e inizierà ad andare a scuola.
Arriveranno in Italia a partire dal mese di settembre, e saranno ospitati da famiglie affidatarie di Torino, i primi cinque minori non accompagnati beneficiari del progetto “Pagella in tasca”, lanciato ufficialmente oggi grazie alla firma dei Ministeri dell’Interno, degli Affari Esteri e del Lavoro, e del Comune di Torino.
Il progetto, promosso da INTERSOS e UNHCR, Agenzia ONU per i rifugiati, prevede l’ingresso in Italia con un visto per motivi di studio di 35 minori non accompagnati attualmente rifugiati in Niger. I minori potranno quindi usufruire di un canale di ingresso regolare e sicuro in Italia, dove potranno continuare a studiare, senza dover rischiare la vita affidandosi ai trafficanti per attraversare il Mar Mediterraneo.
“Pagella in tasca” è un progetto pilota finalizzato a sperimentare un canale di ingresso regolare e sicuro fortemente innovativo rispetto ai canali ad oggi esistenti in Italia (corridoi umanitari, resettlement ecc.), in quanto:
“Questo progetto è solo una goccia nel mare”, sottolinea Cesare Fermi, responsabile della Regione Europa di INTERSOS. “Questi 35 minori entreranno in Italia con un canale di ingresso regolare e sicuro, a fronte di più di 700 persone morte nel Mediterraneo centrale nei primi sei mesi del 2021 e più di 13.000 persone intercettate e riportate forzatamente in Libia mentre cercavano di fuggire dalla guerra, dalle violenze e dalle torture. Questo progetto pilota è però anche un primo passo importante. L’apertura di un nuovo canale di ingresso, infatti, potrà consentire in futuro anche ad altri minori non accompagnati di entrare in Italia in modo protetto”.
“Con progetti come Pagella in tasca lavoriamo a due obiettivi fondamentali: aumentiamo le opportunità di accesso all’educazione per i ragazzi e le ragazze rifugiate e ampliamo i canali di accesso sicuri per chiedere asilo”, ha dichiarato Chiara Cardoletti, Rappresentante di UNHCR per l’Italia, la Santa Sede e San Marino. “E’ importante creare le condizioni per accogliere in modo sicuro e pianificato i giovani rifugiati, offrendo loro la possibilità di studiare in Italia e, allo stesso tempo, sottraendoli ai rischi connessi a viaggi tanto disperati quanto pericolosi”.
Insieme all’organizzazione umanitaria INTERSOS e a UNHCR, sono partner del progetto il Comune di Torino, la rete CPIA Piemonte, l’Arcidiocesi di Torino e alcune organizzazioni torinesi. Il progetto è stato realizzato con il sostegno della Conferenza Episcopale Italiana (nell’ambito della Campagna “Liberi di partire, liberi di restare” – Fondi 8 per mille Chiesa Cattolica), della Fondazione Migrantes, di Acri (nell’ambito del Progetto “Migranti”) e della Fondazione Compagnia di San Paolo.
Un articolo di Stefano Vespa su Formiche
Uno schiaffo agli egoismi europei a 80 anni dal Manifesto più europeista. Sergio Mattarella ne ha per tutti e su tutto: politica migratoria, accoglienza degli afghani, necessità di strumenti di politica estera e di difesa, antieuropeisti definiti “antipatizzanti”, unione finanziaria, intervenendo con parole raramente così dure al seminario per la formazione federalista europea in occasione dell’80° anniversario del Manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi.
La tragedia dell’Afghanistan e le conseguenze sui flussi migratori che nel Mediterraneo stanno nuovamente mettendo l’Italia a dura prova sono sotto gli occhi di tutti. Per il Presidente della Repubblica è “sconcertante” che tutti esprimano solidarietà nei confronti dei diritti degli afghani “che rimangono là” perché “questo non è all’altezza dell’Europa” il cui complesso di valori è il “contributo dell’Europa alla comunità internazionale”. Secondo Mattarella, la perdita di libertà anche in un Paese lontano incide sul resto del mondo proprio perché la libertà e i diritti fondamentali “non sono confinabili in un solo territorio”.
È sull’immigrazione che il presidente è estremamente chiaro: “Si parla tanto di confini esterni dell’Unione, ma la politica migratoria non è mai diventata una politica dell’Unione europea. Questa lacuna non è all’altezza dei ruoli e delle responsabilità dell’Ue”. Alla vigilia di un mese di settembre nel quale il governo italiano tornerà a porre la questione a Bruxelles, Mattarella manda un messaggio diretto: “So bene che molti paesi sono frenati da preoccupazioni elettorali contingenti, ma così si finisce per affidare la gestione delle migrazioni agli scafisti e ai trafficanti degli esseri umani” aggiungendo che bisogna avere la “responsabilità” di spiegare alle pubbliche opinioni che non è ignorando il fenomeno che lo si governa.
Un messaggio diretto alla politica italiana e a tutti i Paesi europei, compresi quelli che pensano di essere lontani dall’origine del problema: “Bisogna spiegare che non tra un secolo ma tra venti-trent’anni la differenza demografica sarà tale da dar vita a un fenomeno migratorio scomposto che non si limiterà ai paesi di riviera ma giungerà in tutto il continente fino ai paesi scandinavi”. Quindi, il fenomeno va governato insieme, anche con le altre parti del mondo, con un “dialogo collaborativo” perché “solo una politica di gestione comune dell’immigrazione può evitarci di essere travolti da un fenomeno incontrollabile”.
La débacle americana, come The Economist ha definito la gestione della crisi afghana da parte di Joe Biden, sta intensificando il dibattito su ruolo della Nato, sulle nuove scelte statunitensi e sulle decisioni che l’Unione deve assumere: “L’Europa deve dotarsi di strumenti di politica estera e di difesa comune” ha detto Mattarella, una scelta che sarebbe “importante anche per gli Usa perché in un mondo in cui i protagonisti internazionali sono sempre più grandi, il protagonista più vicino agli Usa credo debba avere una maggiore capacità operativa”. “L’Afghanistan ha messo in evidenza la scarsa capacità di incidenza dell’Ue sugli event” e anche “le conseguenze del crollo della Siria le ha subite tutte l’Europa”. Ciò non toglie che la Nato resta un “pilastro fondamentale dell’Italia e dell’Europa”.
Per tutti questi motivi, secondo il presidente della Repubblica la Conferenza sul futuro dell’Unione è “un’occasione storica da non perdere” evitando il rischio che venga banalizzata, tradotta in uno scialbo esame della situazione contingente”. L’Unione “non tornerà indietro”, “i gelidi antipatizzanti si diano pace” e tanti strumenti messi in atto negli ultimi tempi, come quelli per reagire alla pandemia, rappresentano una svolta e “resteranno” come il Next generation Eu.
“Occorre trovare una formula che adegui quella della sovranità nazionale” e “una sovranità condivisa è l’unico modo per affrontare le sfide globali e non è una rinuncia”. Un tema scottante considerando le sempre maggiori chiusure avanzate dai Paesi sovranisti e da quelle forze che vi si riconoscono. “In questi anni agli interlocutori stranieri ho detto che i paesi Ue si dividono in due categorie: i paesi piccoli e i paesi che non hanno compreso di essere piccoli, ma cominciano a comprenderlo”. Nel Manifesto di Ventotene è scritto che “l’evoluzione dei rapporti economici mondiali fa sì che lo spazio vitale di un popolo sia ormai il globo: oggi con i mutamenti che conosciamo quella considerazione appare profetica” ha commentato Mattarella, per il quale l’Unione europea “non può avere una moneta unica, una banca centrale e non avere una vera unione bancaria e un vero sistema finanziario unitario. Se così non sarà, quello che abbiamo costruito fino a oggi rischia di essere compromesso da quello che manca”.
L’intervento del presidente rappresenta anche un sostegno agli sforzi di Mario Draghi tesi a organizzare un G20 allargato al massimo così come alle discussioni in atto per la gestione dei flussi migratori nel Mediterraneo. Un tentativo di superare le polemiche quotidiane in Italia perché solo con un approccio comune ci potrà essere un barlume di soluzione.
Foto in evidenza di Formiche
In riferimento al secondo principio della Carta di Roma (Tutela della privacy e dell’identità di rifugiati, migranti e richiedenti asilo), si chiede a giornaliste/i e ai professionisti della comunicazione di tutelare l’identità e la privacy delle persone afghane di cui si riporta la notizia o che vengono intervistate.
La natura delle motivazioni alla base della scelta di fuggire dal proprio paese può essere tale da esporre loro stessi e soprattutto i familiari (rimasti in Afghanistan) a ritorsioni, tanto da parte delle autorità, sia da parte di entità non statali o di organizzazioni criminali, nel caso in cui si verifichi un’esposizione mediatica non attenta.
Nel caso di persone di nazionalità afghana giunte nel nostro paese o in attesa di lasciare il paese si chiede di evitare la pubblicazione di qualsiasi elemento che possa portare alla loro identificazione. In caso di interviste si chiede di proteggere nome, volto e voce e di prestare attenzione a tutti quei dettagli che possono permettere di risalire all’identità dell’intervistato (caratteristiche fisiche peculiari o il racconto di aneddoti particolari).
Si suggerisce inoltre, anche in presenza di un consenso libero e informato dell’interessato, di evitare la pubblicazione del nome completo dell’intervistato (a meno che sia indispensabile per la sopravvivenza propria e/o della famiglia).
Nella attualità della crisi drammatica che sta attraversando il paese, ci sono pervenute informazioni circa arresti e aggressioni a familiari di persone afghane giunte in Italia nelle ultime 48 ore; è responsabilità degli operatori dei media ridurre i rischi di rappresaglie verso i familiari rimasti in patria, tutelando l’identità delle persone afghane che accettano di raccontare la propria esperienza.
Le Linee guida per l’applicazione della Carta di Roma sono scaricabili qui
Foto in evidenza di Roberto Salomone
Su Vita
L’enfasi posta dai decisori europei nel dissuadere le persone provenienti dall’Afghanistan a cercare protezione in Europa lascia sgomenta Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini a rischio e garantire loro un futuro, che invita i governi e l’UE ad adempiere al dovere morale e legale di garantire la sicurezza dei minori e delle famiglie afghane a rischio di persecuzione e di altre violazioni dei diritti umani e di assicurare loro protezione.
“Per anni l’Europa ha completamente fallito nel soddisfare i bisogni di protezione e sostegno dei minori migranti, compresi quelli non accompagnati. Il risultato è stata una risposta umanitaria caotica, la violazione dei diritti dei più piccoli e una crisi politica nell’UE. L’Europa non può continuare a commettere gli stessi errori: deve garantire che i bambini e gli adolescenti in fuga dall’Afghanistan possano chiedere assistenza, asilo e vedano rispettati i propri diritti. I paesi europei dovrebbero emettere con urgenza nuove linee guida per gli afghani a rischio, riconoscendo il drammatico cambiamento nella situazione in Afghanistan, in particolare per donne, ragazze, bambini, adolescenti e persone LGBTQI+. Tutte le domande di asilo avanzate da cittadini afghani e respinte e gli ordini di espulsione devono essere rivisti alla luce della presa del potere del Paese da parte dei Talebani”, ha affermato Anita Bay, Direttrice di Save the Children Europe.
Il sostegno promesso dalla presidente Von der Leyen ai paesi vicini all’Afghanistan, che ospitano la stragrande maggioranza dei rifugiati dal Paese, è benvenuto, così come la volontà dei governi europei di reinsediare alcuni afgani. Tuttavia, questa disponibilità non dovrebbe essere limitata a coloro che hanno collaborato con le forze militari e deve includere i rifugiati vulnerabili nei paesi vicini dell’Afghanistan.
“In nessun caso, tuttavia, il reinsediamento dovrebbe essere utilizzato per giustificare dure misure di deterrenza ai confini dell’Europa“, ha aggiunto Anita Bay, sottolineando che il ricorso agli aiuti umanitari per spingere i paesi a impedire ai rifugiati di recarsi in Europa è immorale e mina gli obblighi degli Stati europei ai sensi del diritto internazionale dei rifugiati. Inoltre, tale politica non riconoscerebbe adeguatamente l’impegno di tali Paesi per ospitare milioni di rifugiati già prima dell’escalation e rispondere alla situazione talvolta complessa dei rifugiati accolti.
“L’Europa ha le risorse e le capacità per aiutare le persone che arrivano ai suoi confini dall’Afghanistan e offrire protezione a coloro che ne hanno bisogno”, ha dichiarato Bay. “Ciò che serve è una leadership forte per passare dalla deterrenza all’accoglienza. Le violenze che centinaia di bambini e famiglie hanno subito alle frontiere dell’UE negli ultimi anni sono inaccettabili“.
L’accresciuto controllo delle frontiere ha portato alla creazione di colli di bottiglia in prossimità dei confini dei paesi balcanici, con migliaia di minori e adulti che cercano disperatamente di attraversarli, andando incontro a respingimenti violenti e illegali.
“L’esternalizzazione delle responsabilità deve cessare. Questo approccio ha già creato un limbo legale per migliaia di rifugiati, compresi i minori non accompagnati, sulle isole greche”, ha affermato Vasilis Papastergiou del Greek Council for Refugees, con cui Save the Children ha collaborato per assistere i minori migranti in Grecia. “Non possono far esaminare le loro richieste di asilo e la Turchia non li accetta indietro per cercare protezione internazionale lì. Gli afghani che arrivano in Europa e chiedono asilo – com’è loro diritto – devono vedere i loro casi esaminati nel merito individuale”.
Save the Children è un’organizzazione indipendente, imparziale e politicamente neutrale che opera in Afghanistan dal 1976 per fornire servizi salvavita ai bambini e alle loro famiglie in tutto il Paese, ma ha dovuto sospendere temporaneamente le attività. L’Organizzazione ha fornito servizi di salute, istruzione, protezione dell’infanzia, nutrizione e mezzi di sussistenza, raggiungendo oltre 1,6 milioni di afgani nel 2020.
Intanto sono circa 900, su quasi 3.800 persone, i minorenni fino a oggi messi in sicurezza grazie alle operazioni Aquila e Aquila Omnia, poste in campo dall’Italia per rispondere alla crisi in corso in Afghanistan. L’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, Carla Garlatti, ha scritto ai ministri della difesa, Lorenzo Guerini, dell’interno, Luciana Lamorgese, e della salute, Roberto Speranza chiedendo di «essere aggiornata sul numero di quanti, fra loro, sono accolti nel nostro Paese, che potrebbe aumentare già in queste ore, sulla loro età, sul sesso, sulla presenza di fratelli e adulti di riferimento, ma anche sulla loro collocazione logistica e sulle misure adottate per assicurare loro un’adeguata accoglienza, superato il periodo di quarantena al quale sono sottoposti».
Su UNAR
L’invito del Commissario straordinario Figliuolo alle Regioni e alle Province autonome affinché favoriscano l’accesso alle vaccinazioni delle persone senza tessera sanitaria, codice fiscale o residenza, è una notizia che viene accolta “con soddisfazione” da parte dell’Unar – Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali della Presidenza del Consiglio dei Ministri.“Un’iniziativa che costituisce un passo avanti significativo per la piena applicazione del diritto alla salute, in linea con la richiesta avanzata nei giorni scorsi dall’Unar al Commissario Figliuolo, per garantire parità di trattamento nell’accesso ai vaccini alle persone più vulnerabili”, afferma il direttore dell’UNAR Triantafillos Loukarelis.
“Auspichiamo ora che gli Enti locali provvedano ad uniformarsi a questa indicazione, nel rispetto dei diritti fondamentali previsti dalla Costituzione. Come indicato dal Commissario – prosegue – le Regioni potranno inoltre ricercare sinergie con associazioni e/o organizzazioni in grado di supportare l’attività di vaccinazione delle persone in situazione di disagio sociale e sanitario.”
“Nel corso degli ultimi mesi – aggiunge – l’Unar e l’associazione ‘L’altro diritto ODV’ hanno ricevuto diverse segnalazioni sull’impossibilità di accesso ai vaccini anti SARS-CoV-2/COVID-19 in diversi Comuni del territorio nazionale da parte di cittadini di Paesi terzi senza permesso di soggiorno con codice Stp o con un permesso di soggiorno connesso alle procedure di emersione, questi ultimi, tra l’altro, titolari del diritto all’iscrizione obbligatoria al Ssn e quindi al rilascio della tessera sanitaria.
Impedire a queste persone l’accesso a una prestazione sanitaria essenziale configurerebbe una discriminazione istituzionale inaccettabile oltre che, in una situazione di pandemia, un pericolo per la salute pubblica e privata”, conclude Loukarelis.
“Per vaccinare tutti è indispensabile mettere in piedi un sistema in grado di non escludere nessuno, che garantisca a chiunque la possibilità di ottenere il green pass in condizioni di parità di trattamento. Solo così potremo realmente realizzare l’obiettivo di una comunità inclusiva, solidale e accogliente che sappia proteggere e non penalizzare le persone più vulnerabili”.
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