Dopo l’ebola ora è la tbc. Sui media ancora allarmismo infondato
Pochi mesi fa era stato il turno del virus ebola: il decesso di un ragazzo in arrivo dal Mali, sbarcato da poche ore in Italia, aveva dato il via a numerose speculazioni da parte del web e di alcune testate giornalistiche, facendo scattare l’allarme dell’opinione pubblica. Le autorità non avevano alluso alcun modo alla possibilità che si trattasse di ebola e l’autopsia, ovviamente, ancora non era stata resa nota. Il medico legale, come prevedibile, ha trovato in altre cause la ragione di quella morte, ma a questo i media non hanno prestato altrettanta attenzione.
Questa volta, invece, è la tubercolosi. Due giovani richiedenti asilo hanno perso la vita la scorsa settimana a Roma. Nulla, anche in questo caso, lascia pensare alla tbc, eppure subito è considerata dalla stampa l’ipotesi più accreditata.
«In nessun caso si può fare un’affermazione simile, se non si sa ancora di cosa si sta parlando. A prescindere da quale sia la causa, fino a quando non si hanno i risultati non si può mai azzardare nessuna ipotesi – racconta con amarezza Donatella D’Angelo, medico volontario dell’associazione Cittadini del Mondo – Questo poi è puro razzismo: solo perché una persona ha la pelle nera, si decide subito che è stata la tubercolosi».
Cittadini del mondo da otto anni ogni settimana presta assistenza socio-sanitaria agli ospiti del Selam Palace, edificio di Tor Vergata che a partire dal 2006 è stato abitato da rifugiati. È avvenuto qui il decesso di uno dei due ragazzi, a soli 24 anni. Il secondo giovane si trovava invece in un’altra struttura, anche questa occupata da profughi sotto regime di protezione internazionale, nel quartiere di Tor Sapienza.
Alla tristezza e alla rabbia per questa scomparsa, si aggiunge l’indignazione per quanto è stato pubblicato dai media. «Ho spiegato in tempo reale ai quotidiani che non si trattava di tubercolosi e in risposta a questo hanno messo in bella mostra una foto che ritrae un poliziotto con mascherina davanti al Selam Palace – spiega la dottoressa D’Angelo – Le ultime righe di uno degli articoli riportano quello che io ho dichiarato, ma scompaiono di fronte al titolo e a un’immagine di questo tipo. Sono un medico di medicina generale, quando i pazienti entrano nel mio studio dopo aver letto pezzi come questo mi chiedono se c’è il rischio che possa attaccare loro la tbc; questo solo per darvi un’idea delle conseguenze sui lettori».
Donatella D’Angelo fa riferimento agli articoli pubblicati il 21 giugno dalle versioni telematiche del Messaggero e del Corriere della Sera. «Due morti nei palazzi occupati. L’ipotesi: uccisi da un’infezione», scrive Corriere.it, mentre il Messaggero titola «Morti due immigrati negli stabili occupati dai rifugiati: allarme Tbc». In quest’ultimo pezzo, all’interno del primo paragrafo, si legge poi che la «febbre alta prima del decesso» rappresenta un «elemento che desta preoccupazione», il contrario rispetto a quanto detto dal medico alla stessa testata; per trovare la breve citazione della donna, però, occorre arrivare alle ultime righe: «La febbre è semplicemente una conseguenza della disidratazione, arrivano in Italia stremati e non ricevono assistenza».
Al Selam Palace lo stato di emergenza, infatti, è stato dichiarato due mesi fa, dalla stessa associazione, ma la tubercolosi non c’entra nulla. Gli arrivi negli ultimi mesi si sono intensificati: condotti a terra da Mare Nostrum i richiedenti asilo si dirigono a Roma e cercano questo ricovero. Rimasti privi di acqua, cibo e sonno per giorni, disidratati, quando superano la soglia del palazzo di Tor Vergata sono stremati dal viaggio affrontato, senza più forze. Le condizioni sanitarie in cui arrivano dopo aver affrontato il deserto e il mare sono gravissime; è questa la vera emergenza, in questa struttura come nelle altre.
«Nella nostra casistica la percentuale della tbc è nulla. Da un punto di vista clinico nessuno di questi due casi sembra avere motivazione infettiva. Inoltre, per quanto riguarda il Selam Palace, se ci fosse stata anche solo una possibilità che si trattasse di tubercolosi le autorità sanitarie sarebbero intervenute subito con la chiusura del piano, se non dell’intero edificio, per evitare ogni rischio di contagio – ragiona Donatella D’Angelo – Per la medicina legale omettere una cosa del genere sarebbe gravissimo, è impensabile che ciò accada. Io stessa, come medico e pubblico ufficiale, interverrei subito con le dovute precauzioni».
Non è la prima volta che una malattia infettiva viene strumentalizzata, senza che via sia alcuna base clinica a sostenere l’ipotesi dell’ennesimo rischio d’epidemia. A volte per sostenere una campagna xenofoba, altre volte solo per fare sensazionalismo. Dei risultati delle autopsie, se negativi rispetto a quanto ipotizzato o dato per certo dai media, non si parla mai. Informazioni imprecise e distorte, storie raccontate a metà, abbandonate o dimenticate in favore di qualcosa di più “vendibile”; continua a essere questo, purtroppo, l’atteggiamento di una buona parte della stampa quando si parla di richiedenti asilo, rifugiati e sanità.
Di seguito i link agli articoli di Corriere.it e del Messaggero.