Da alcuni mesi appaiono ogni settimana in rassegna articoli sull’arrivo di rifugiati siriani nelle stazioni di alcune città. I cittadini siriani conquistano raramente uno spazio nell’arido resoconto numerico degli sbarchi. Solo le immagini e le storie dei bambini riescono a squarciare questo pesante silenzio. Lo scorso mese era stata la storia del piccolo Marwan, il bambino che “apparentemente” da solo attraversava il deserto (ne abbiamo parlato qui) a riaprire una finestra sull’esodo siriano, dopo pochi giorni dal fallimento dei trattati di pace di Ginevra.
La scorsa settimana è stato il turno del video lanciato da Save the Children (qui sopra) che ha registrato un altissimo numero di visioni e condivisioni. A quasi 3 anni dallo scoppio del conflitto in Siria le organizzazioni non governative, come Save the Children e quelle internazionali come UNHCR moltiplicano gli appelli affinché si ponga fine alle uccisioni e alle violenze di ogni genere. Per farlo devono innanzitutto rompere il silenzio dei media e rilanciare i numeri del dramma siriano.
Rispetto alla stampa di altri paesi europei quella italiana, infatti, ha sempre dato minor spazio alle notizie dall’estero. Non conoscere le realtà e i contesti di origine della popolazione migratoria, significa quindi spesso considerare le persone che arrivano in Italia un’unica categoria: il linguaggio mediatico ci aveva abituato al termine, per fortuna sempre meno usato di “clandestini” e oggi a quello più corretto anche giuridicamente di “migranti”. Molte meno si parla di “richiedenti asilo” o rifugiati e si preferisce definirli genericamente “profughi” anche quando ad arrivare sulle coste o nelle stazioni delle nostre città sono cittadini siriani in fuga dalla guerra. In questo quadro stupisce ancora di più, e fa quindi notizia, il successo del video di Save the Children.
Eppure pochi giorni prima era stata Alessandra Coppola sul Corriere della Sera a informarci sul richiamo della Svezia all’Italia proprio in merito all’accoglienza dei rifugiati siriani. Una notizia importante, per il suo risvolto politico, ma anche per sfatare il luogo comune che ci vede terra “invasa” dai profughi. La Svezia (9,5 milioni di abitanti) ha ricevuto 5omila richieste d’asilo contro le 25mila dell’Italia (6o milioni di abitanti). La disparità delle domande siriane, dice Coppola è imbarazzante: 67 qui, 14.362 in Svezia. Ben vengano allora i video e le campagne delle associazioni se riescono a riaccendere i riflettori sulla Siria così come su altre crisi internazionali. Un plauso ai colleghi che non rinunciano a tenere alta l’attenzione su queste realtà lontane e vicine a noi.
Per approfondire leggere: «Sui rifugiati Stoccolma richiama Roma», Corriere della Sera 5.03.2014
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