Media e diversità. Il caso francese
A cura di Anna Meli
I dirigenti dei media francesi sembrano convinti che la vittoria del partito “anti immigrati” di Marine Le Pen non metterà in discussione le politiche per la diversità che hanno adottato fin dal 2005. L’avvio di una riflessione politica che ha coinvolto in modo determinante anche i media francesi è avvenuto infatti all’indomani delle rivolte nelle banlieue parigine. D’un tratto la patria dell’universalismo dei diritti si è trovata a dover fare i conti con le rivendicazioni di intere fasce di popolazione escluse sistematicamente dalla vita sociale, economica e anche mediatica.
Le maggiori emittenti nazionali come TF1 e naturalmente la televisione pubblica France Tv hanno iniziato da allora azioni a favore della diversità, intesa come capacità di rappresentare adeguatamente la composizione sociale del paese sullo schermo e dietro le quinte.
Sono stati nominati dei responsabili, incaricati direttamente dai manager delle aziende editoriali di definire strategie a medio e lungo termine e di implementare azioni per un cambiamento strutturale dell’impegno sul fronte dell’inclusione e della valorizzazione dei talenti.
Il Consiglio Superiore dell’Audiovisuale, una sorta di Authority per le telecomunicazioni, è stato dotato di competenze di monitoraggio e controllo sulle politiche adottate dalle emittenti.
Nel rapporto al Parlamento dell’Aprile scorso sono stati presentati anche i risultati di una ricerca annuale che viene effettuata su larga scala ma per un periodo campione di 2 settimane chiamata Barometro della Diversità. La categoria più sottorappresentata nel 2013 è quella della disabilità, con uno 0.4% di copertura sia relativamente ai programmi che nelle news, con una visibilità e un protagonismo molto ridotto. Rispetto ai generi televisivi l’informazione e i telegiornali sembrano comunque ad avere una tendenza maggiore alla sottorappresentazione di categorie sociali analizzate come le donne e i giovani e prevalgono ruoli negativi per le persone percepite come “non bianche”, una definizione un po’ singolare per riferirsi all’origine etnica.
Molte però le iniziative messe in campo dalle aziende editoriali per attrarre giovani giornalisti e altri operatori dei media appartenenti alle categorie svantaggiate. Il direttore del dipartimento diversità di France TV – Stephane Bijoux – ha fornito a Carta di Roma i dati del programma speciale di apprendistato e frutto anche della collaborazione con le scuole di giornalismo. Ben l’88% del personale reclutato negli ultimi 3 anni è selezionato attraverso questi programmi che incentivano la diversità. Rifiutando la logica delle quote, Bijoux insiste che il vero impegno è la promozione delle pari opportunità, su cui la televisione pubblica “deve essere di esempio per tutte le altre emittenti e aziende editoriali”
Un impegno quello di France Televisione che è stato anche riconosciuto con il “Label diversité” una certificazione rilasciata da un organismo indipendente che premia le società pubbliche e private che attuano concrete misure contro le discriminazioni e per le pari opportunità.
Questi alcune delle informazioni raccolte durante la tappa francese della ricerca che Carta di Roma ha condotto in vari paesi europei intervistando dirigenti e colleghi giornalisti delle maggiori testate nazionali per capire come vengono affrontati i temi della diversità.
Idee, spunti e riflessioni che potrebbero ispirare il contesto mediatico italiano, che sarà oggetto dell’ultima tappa dell’indagine.
Anna Meli