La risposta positiva e solidale della Polonia nei confronti dei rifugiati ucraini pare aver seppellito quanto accaduto pochi mesi prima a nord del confine. Per contro, le foreste della Polonia orientale continueranno ad essere teatro di soprusi e violenze.
Siriani e curdi, afghani, yemeniti e africani in fuga da guerre e persecuzioni provano a superare il confine dimenticato tra Polonia e Bielorussia: ma per loro l’Europa resta una fortezza.
Si susseguono gli scioperi della fame nelle strutture in cui nei mesi scorsi sono state rinchiuse le persone arrivate attraverso il confine bielorusso. Intanto è iniziata la costruzione del muro.
La costruzione del muro, stando all’opposizione, non si giustifica di fronte a numeri vanno via via diminuendo.
Richiedenti asilo e rifugiati sono respinti con violenza in Bielorussia, usati come armi di una “guerra ibrida”. L’Unione europea è complice.
Nelle ultime settimane abbiamo assistito al tentativo di impedire ai cronisti di recarsi nella striscia si confine con la Bielorussia e di trasmettere le notizie sulla tragedia umanitaria che sta investendo i migranti ammassati al confine tra i due paesi.
Un avvocato ha ideato il codice “green light”, che permette alle persone in fuga di avvicinarsi e chiedere aiuto.
Sul triplo confine nordorientale si consuma una tragedia nascosta, che con l’inverno può soltanto peggiorare.
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