Come comunicare senza discriminare? Prova a rispondere a questa domanda il corso organizzato dal Centro di servizio per il volontariato di Belluno a Feltre per il 3 giugno “Parlare civile parlare sociale”.
Un giornale scritto dai rifugiati: ispirati dall’esperimento di Libération di qualche mese fa, le redazioni di Riforma – L’Eco e di Radio Beckwith hanno scelto di coinvolgere rifugiati e richiedenti asilo del territorio nella redazione del numero di giugno L’eco delle Valli Valdesi, supplemento del settimanale Riforma.
Il racconto delle operazioni di ricerca e soccorso è stato protagonista nella rappresentazione dei flussi migratori, nel corso degli ultimi mesi. A rilevarlo è il rapporto di Osservatorio di Pavia, Associazione Carta di Roma e Cospe, “Navigare a vista – Il racconto delle operazioni di ricerca e soccorso di migranti nel Mediterraneo centrale”, presentato ieri presso l’Associazione Stampa Estera, a Roma. Se ne parla tanto, ma non sempre in modo accurato: non è rara, per esempio la sovrapposizione confusa dei diversi attori, civili e militari, attivi.
“In un momento in cui si parla sempre più spesso di intolleranza, non è certo il caso di rinunciare. Perché oggi più che mai, mentre in tutta Europa assistiamo a una maggiore chiusura nei confronti dell’altro, è importante ripensare al modo in cui dovremmo approcciarci alla questione delle migrazioni”. Così Elektra Kotsoni presenta su Vice la raccolta di articoli sui giovani rifugiati pubblicata ieri in 11 paesi europei, in 9 lingue.
Di operazioni di ricerca e soccorso i media parlano, e tanto: presenti nel 13% delle notizie sull’immigrazione nei principali quotidiani italiani e nel 18% dei servizi sull’immigrazione dei tg in prima serata e legate soprattutto al racconto di naufragi (39%) e azioni di salvataggio (22%). Ma come se ne parla?
Il 29 maggio alle 11.30 presso l’Associazione Stampa Estera (via dell’Umiltà 83/c, Roma) si terrà a presentazione del rapporto “Navigare a vista – Il racconto delle operazioni di ricerca e soccorso di migranti nel Mediterraneo centrale”, di Osservatorio di Pavia, Carta di Roma e Cospe.
Perché usare dati e statistiche quando si scrive di migranti e rifugiati? Perché i numeri aiutano a 1) “pulire” l’informazione dalle scorie di pregiudizi e luoghi comuni; 2) a certificare e a fondare meglio le argomentazioni; 3) a verificare affermazioni discutibili (fact cheking); 4) a trovare storie e notizie che – attraverso altre fonti – rimarrebbero sepolte.
Schieratevi al fianco di chi è in mare per salvare la vita di donne, uomini e bambini: è questo il messaggio lanciato da Arci, Caritas Italiana, Acli, Asgi e Amnesty International, in occasione del Festival Sabir, giunto quest’anno alla sua terza edizione.
“Nel corso delle ultime ventiquattro ore l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha ricevuto informazioni allarmanti relative a due nuovi naufragi nel Mediterraneo Centrale”, leggiamo in una nota diffusa oggi.
Si parla molto delle operazioni di salvataggio dei migranti e dei rifugiati in viaggio nel Mediterraneo centrale. In particolare del ruolo svolto dalle ong accusate da alcune parti politiche, alcuni giornali e anche dal procuratore di Catania Carmelo Zuccaro di avere contatti con i trafficanti che in Libia organizzano le partenze verso l’Europa di uomini, donne e bambini. Per fare un po’ di chiarezza su ruolo e dimensioni dei salvataggi in mare, ci siamo fatti qualche domanda e abbiamo provato a rispondere anche attraverso i dati forniti dalla Guardia costiera.
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