L’archivio è stato realizzato per fornire un contributo alla conoscenza della storia dell’emigrazione italiana nel mondo, ma più in generale dei fenomeni migratori, in un momento delicato e attraversato da rischiose semplificazioni e strumentalizzazioni È stato pubblicato nelle scorse settimane l’Archivio digitale “Scrivere le migrazioni”. Si tratta di uno dei maggiori archivi online del suo… Leggi tutto
«Cerchiamo di fare narrazione sulle storie dei migranti e su quello che succede perché è doveroso e perché non si sa mai abbastanza. Chi è informato, invece rischia di essere “anestetizzato” al racconto sul vissuto di altre persone, così cerchiamo di essere provocatori e di spiegare la quotidianità che vivono i migranti nel nostro paese: questo permette di saltare il pregiudizio». In questo modo Valerio Bonanni, direttore artistico di Semi volanti racconta la realtà dell’officina di teatro sociale e il progetto Black reality .
E’ un spiaggia simbolica, come quelle conosciute alle cronache per aver restituito i corpi senza vita dei migranti che hanno attraversato il mare. Il suolo però è di pietra anche se sembra far parte di un arenile su cui, grazie alle nanotecnologie e un sistema idraulico particolare, appaiono delle microsfere di acqua che compongono nomi e cognomi di uomini e donne che sono partite dall’Africa o dal Medio Oriente, scomparsi durante il viaggio in mare. Si chiama Palimpsesto ed è l’installazione che si può vedere fino al primo aprile al Palacio de Cristal a Madrid.
“The Immigrants” è il titolo la mostra inaugurata ieri e aperta fino al 27 gennaio alla Howard Greenberg Gallery di New York.
Qui attraverso il lavoro di oltre 40 fotografi è possibile osservare una settantina di scatti realizzati a partire dal 1860 fino al 2015, che mettono al centro le persone in movimento e le questioni del lavoro, dell’istruzione e della povertà, oltre alla discriminazione, all’assimilazione di chi deve subire un cambiamento per inserirsi in un nuovo contesto di vita, fino al senso di appartenenza.
Ci sono oggetti personali come un orologio, una fede e un cellulare, lettere e fotografie, diversi giocattoli. Ma anche molte altre cose perse dai legittimi proprietari che si sono spostati per raggiungere l’Europa.E’ possibile vedere e capire quanto rimane delle vite dei migranti che hanno intrapreso un pericoloso percorso migratorio verso non si sa quale destinazione precisa grazie all’idea del progetto Lost & Found. L’intento finale è quello di realizzare un documentario in via di sviluppo sugli oggetti personali persi dai rifugiati che viaggiano verso e attraverso l’Europa e, soprattutto, raccontare le storie di vita dei loro proprietari. Il progetto è realizzato dall’Associazione 21 Luglio in collaborazione con Future docs e Advocate europe.
Il progetto nasce dall’idea del giornalista francese Florent Maurin che ha deciso di mettere il suo estro a disposizione della grafica e del design: si tratta di un videogioco che intende raccontare l’esperienza dei rifugiati. Bury me, my love si caratterizza come un videogioco per mobile realizzato da The pixel hunt di cui Maurin è fondatore.
Un nuovo sito d’informazione che spiega le caratteristiche multiculturali dell’Italia, le sinergie e le prospettive future del Paese per affrontare il tema complesso delle migrazioni senza cadere in strumentalizzazioni o fornire notizie parziali dettate dagli stereotipi diffusi. E’ www.vocidiconfine.com, on line dal 16 novembre.
Non un articolo ma un elenco. In tal modo il giornale tedesco Der Tagesspiegel riporta la notizia in merito ai migranti morti in mare mentre cercavano di raggiungere l’Europa tra il 1993 e il maggio di quest’anno.
33.293 nomi riportati in una lunga lista di 48 pagine pubblicata sul sito del giornale. La redazione tedesca ha sistematizzato e raccolto altri dati disponibili come la regione di origine, l’età, la causa della morte e le fonti di origine di queste informazioni, come le principali agenzie Onu, le agenzie di stampa e le organizzazioni umanitarie.
Da qualche giorno Antonio non risponde più al telefono. La prima volta che ci siamo incontrati è stato in un centro di ascolto a Payerne. Cercava un lavoro e una casa; da giorni dormiva per strada, nelle sale d’attesa delle stazioni ferroviarie o in qualche casa per i pellegrini.
«Mi va bene un lavoro qualsiasi – diceva mentre aveva in mano il primo (e forse unico) caffé del mattino – . In Italia ho fatto un po’ di tutto ma da qualche anno ero sempre a casa. Mia moglie non lo sopportava e alla fine mi disse di emigrare. Ho più di 50 anni, e ho pensato che la Svizzera potesse essere una buona scelta. Ma sono mesi che non trovo niente. Vorrei tornare indietro ma non posso a mani vuote».
Fino al 30 giugno 2017 è possibile partecipare al concorso Dimmi (diari multimediali migranti), rivolto a uomini, donne e giovani che vogliano raccontare la propria esperienza migratoria.
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